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DesperateGymwife 12-12-2012 12:01 PM

Infatti io non biasimo neanche chi prende un antidolorifico per un "minimo dolorino", perchè non posso quantificare il male altrui. Onestamente faccio molta più fatica a capire chi dice che non prende farmaci neppure quando sta male, ma rispetto le loro idee.

Sul resto c'è un equivoco di fondo. Io non credo affatto che ci sia un farmaco che possa risolvere tutti i miei problemi, l'ho anche scritto in un post precedente. Però non ho perso la speranza che ci sia un farmaco che mi possa fare stare meglio di quanto sto in certi momenti (che dovrei fare invece? Buttarmi dal decimo piano?)

Non ho nemmeno mai scritto che gli psichiatri siano tutti incompetenti. Ho detto che ho poca fiducia nella psicoterapia senza farmaci, e che per quel poco che ho provato non mi è servita a niente. Ma se devo dirti la verità anche il mio medico curante me l'ha sconsigliata, e io invece di lui mi fido molto. L'altra cosa che ho detto è che è difficile trovare un medico disposto a instaurare il tipo di rapporto che vorrei io, ma questo non significa essere incompetenti.

Certo io sono molto spregiudicata su questi argomenti, e non solo per "disperazione"; è un campo che mi affascina e mi incuriosce molto, tanto che fra i miei motivi di insoddisfazione c'è anche quello di avere sbagliato mestiere.
Ma a parte quello, non ci vedo niente di strano nel desiderare di provare una cura diversa. Sinceramente, mi sembra che ogni persona che sta male se la prima cura non fa effetto (o non fa più effetto nel tempo) desideri provarne un'altra.

Non so, mi sembra che siano cose così ovvie...:confused:. Riformulo la domanda: se tu avessi un'infezione, e il primo antibiotico non la manda via, non penseresti che forse ce ne vuole un altro?
E' questo ostinarsi a pensare che la depressione sia una cosa completamente diversa dalle altre malattie che io invece non riesco a capire.

Poi non devi fraintendere. In un giorno come oggi, il mio umore è normale e non ho quella spossatezza e quella tristezza opprimenti che mi fanno stare male, per cui non sarei curiosa di provare nessun farmaco. Ma quando stai veramente male e non vedi vie di uscita, la priorità è uscire da quello stato e la prospettiva cambia.

Al di là di tutti i discorsi moralistici, il paragone con l'alcol e le droghe non regge perchè l'alterazione che comportano è disfunzionale per altri aspetti, mentre l'obiettivo del farmaco non è quello di farti vivere in un mondo dorato distaccato dalla realtà, ma fornirti uno scudo sufficiente per affrontare la realtà e adeguartici con minor fatica.

INDIO79 12-12-2012 12:24 PM

scegliere a priori la cura è sicuramente sbagliato,prima credo che non ci fosse l'impossibilità di prendersi del tempo per se stessi,oggi bisogna essere sempre efficienti,se non si ha la forza di uscire da soli da un problema e si hanno avuto esperienze positive con farmaci ben vengano,ma attenzione a non instaurare una dipendenza da farmaci.
un pò di storia per capire,ascoltatene i primi 10'minuti per lo meno.
Manuale Diagnostico e Statistico Psichiatrico - YouTube

Veleno 12-12-2012 12:36 PM

Quote:

E' questo ostinarsi a pensare che la depressione sia una cosa completamente diversa dalle altre malattie che io invece non riesco a capire.
Semplicemente perchè lo è.
E per questo elementare motivo il farmaco non la guarisce in nessun caso, ma ne tampona soltanto gli effetti.
Perchè la medicina, quando si tratta di curare la mente, si rivela una scienza ancora chiusa su posizioni retrograde e primordiali. E parte, a mio parere, da presupposti totalmente erronei, o quantomeno incompleti.

Pensare che siccome "siamo nel duemila", invece di faticare su se stessi "alla vecchia maniera" è giusto cercare il farmaco più adatto "perchè se no a che serve il progresso", risponde esattamente a quella mentalità alla base del circolo vizioso di cui parlavo poco sopra, e che ravviva il mercato dei farmaci e delle prescrizioni facili dando al paziente l'illusione di fare qualcosa. Anche la scarsa o inesistente sinergia tra medici di base/psichiatri e psicologia/terapìe olistiche testimonia l'atteggiamento snob che viene comunemente assunto dai professionisti che evidentemente più attenti al negazionismo, all'ego e alla carriera che al reale benessere del paziente, purtroppo non mettono a sua disposizione la gamma di informazioni più completa ed imparziale sulla base della quale il paziente possa decidere il metodo di cura più appropriato per se stesso.
Hai una depressione? Sciroppati l'ultima molecola. Fine del consulto.
Non ha funzionato? Aumentiamo il dosaggio.
Non ha funzionato? Cambiamo molecola.
Fine delle possibilità. Del resto perchè rimettere in discussione la vita del paziente...

Chi soffre ha tutto il diritto a stare meglio.
Se si tratta di una polmonite fa bene a cercare il farmaco migliore.
Se si tratta di una depressione, saltarne a piè pari le vere cause, quelle che stanno al di là della serotonina latitante, e che si sono instaurate in anni di "imprinting", significa non volersi realmente impegnare a stare meglio ma soltanto illudersi di farlo.
Pensare che la guarigione sia semplicemente "compito della medicina" equivale ad avere i paraocchi, e belli grossi.
Ognuno comunque è libero di fare come crede: può stare alla finestra aspettando che il marketing farmaceutico annunci prima o poi proprio la molecola che stava aspettando, o può muovere il culo da subito, e lavorare su se stesso con un ritorno immenso oltre che in termini di benessere, anche in termini di crescita individuale, saggezza ed equilibrio interiore; tutte cose che nessun farmaco potrà mai dare.

PO-OL 12-12-2012 02:03 PM

Quote:

Originariamente inviato da DesperateGymwife (Scrivi 392031)


Non so, mi sembra che siano cose così ovvie...:confused:. Riformulo la domanda: se tu avessi un'infezione, e il primo antibiotico non la manda via, non penseresti che forse ce ne vuole un altro?





ma fornirti uno scudo sufficiente per affrontare la realtà e adeguartici con minor fatica.


Certo che si ma mica mi metterei a cercare su internet quale antibiotico prendere, andrei da un medico e se questo non è in grado di aiutarmi andrei da un altro. Ma di sicuro la soluzione non la cercherei su un forum, piuttosto chiederei a doc se posso andarlo a trovare per sottoporgli il mio caso (dietro compenso, ovviamente :p).
Da come scrivi tu traspare quasi una passione e il fatto che volevi fare il dottore non mi sembra una scusante che regge, sinceramente.
Poi bisognerebbe anche capire come me la son presa questa infezione, altrimenti è inutile. E sempre per rimanere in tema con l'esempio, la resistenza agli antibiotici non è certo una cosa che ho inventato io.




Affrontare la realtà è una cosa, adeguarsi è un altra.
Non che la seconda sia sbagliata a prescindere, sono il primo a sostenere che i vari slogan da film anni 80 "se ti impegni ce la fai, sei un campione" sono boiate assurde ma quanto meno bisognerebbe provarci o farsene una ragione. Se il farmaco è la condizione sine qua non per stare bene allora non è molto diverso dalla bottiglia, è questo che volevo dire.
E' chiaro che a volte ammettere a se stessi certe cose può essere molto doloroso, però se non lo si fa non si potrà mai riuscire a farsene una ragione. Adeguarsi non è dire: "ok, sto una merda, prendo questo è sto decentemente".
Al massimo è dire: "ok, nella mia vita ho fatto questi errori, posso rimediare solo su questi altri, mi rimarrà sempre il dolore per non aver fatto determinate scelte ma cerco di farmene una ragione".

Veleno 12-12-2012 02:26 PM

Vorrei sottolineare che qui non c'è nessuno "slogan anni '80".
C'è solo da prendere coscienza che la volontà di cambiare è il cardine della guarigione. Se non si capisce questo, non si può affrontare alcuna discussione esaustiva sull'argomento.
La propensione a scegliere la via del farmaco (o qualsiasi altra scorciatioia) denota semplicemente che questa volontà manca. Perchè, comprensibilmente, tra una via faticosa ed una più semplice, chiunque sceglierebbe la seconda.
Sostenere che "la volontà non basta", che "cambiare è difficile", che "tanto se non lo hai vissuto non puoi capire" ecc, non sono altro che forme di difesa a giustificazione del proprio immobilismo, che si possono smascherare semplicemente chiedendo alla persona quali cambiamenti in concreto abbia fatto per uscire dal problema...domanda che sovente coglie impreparati perchè la persona è in qualche modo convinta che la semplice autocommiserazione dovrebbe essere sufficiente a smuovere qualche recondita energia dell'universo che provveda a risolvere la sua situazione senza sforzo...

PO-OL 12-12-2012 02:36 PM

Non mi riferivo direttamente al tuo post, che devo dire che in linea generale condivido.

Semplicemente la vita non è così semplice e ci sono cose che uno non può cambiare, per quanto si impegni, perchè sono così e basta.
Questo non è per contraddire in toto quanto hai detto ma per non farla un po' troppo facile. E non vuol dire neanche che sto sostenendo l'immobilismo, semplicemente, per fare un esempio banale (ma che forse non lo è) se uno capisce a 50 anni che voleva fare il dottore e che il suo lavoro gli fa schifo che fa, torna sui libri? Tutt'al più, visto l'andazzo, deve considerarsi fortunato ad averne uno.
Tu dirai... è un esempio piuttosto stupido che non dovrebbe portare alla depressione. Ok.

Allora facciamone uno di maggiore spessore, se uno a 50 anni non è riuscito ad avere dei figli e questo lo porta a soffrire e a cadere in depressione che fa?
Non su tutto abbiamo il potere di agire.

Questo però non significa che ci si debba imbottire di farmaci per sopperire al dolore latente che ci porta sbalzi d'umore, depressione inspiegabile, periodi neri e quant'altro, sia chiaro.

Veleno 12-12-2012 02:38 PM

già che ci sono, vorrei fare anche un altra precisazione: qui nessuno demonizza gli psi a priori. Personalmente ho anche indicato i casi in cui a mio parere andrebbero utilizzati con beneficio.
Quello che si demonizza invece è l'eccessiva disinvoltura nelle prescrizioni.

E il fatto che in molti casi le persone trovino delle alternative molto più valide per stare meglio dovrebbe far riflettere,e non poco, perchè testimonia come minimo quanto sia discutibile il loro impiego generalizzato.

Veleno 12-12-2012 02:46 PM

Comprendo il tuo discorso PO-OL.
Ma per cambiamento, io non intendo tanto una trasformazione nel senso "esteriore" del termine, ma più propriamente, del proprio modo di pensare.
Trovo il tuo esempio in tal senso, molto appropriato: ci sono situazioni che materialmente non possiamo cambiare, come quelle da te indicate, ovvio, ma possiamo comunque cambiare il nostro modo di viverle, la prospettiva dalla quale le inquadriamo.
La vita insegna che ci sono persone capaci di mantenere una serenità ed un equilbrio impensabili anche nelle situazioni personali e sociali più tragiche, ed al contrario, persone che trascorrono la vita a deprimersi per futilità estreme: dovrebbe far pensare quantomeno al fatto che l'approccio mentale sia una discriminante come minimo fondamentale...

DesperateGymwife 12-12-2012 05:10 PM

Quote:

Originariamente inviato da PO-OL (Scrivi 392053)
Certo che si ma mica mi metterei a cercare su internet quale antibiotico prendere, andrei da un medico e se questo non è in grado di aiutarmi andrei da un altro.

Ma di sicuro la soluzione non la cercherei su un forum, piuttosto chiederei a doc se posso andarlo a trovare per sottoporgli il mio caso (dietro compenso, ovviamente :p).
Da come scrivi tu traspare quasi una passione e il fatto che volevi fare il dottore non mi sembra una scusante che regge, sinceramente.
(più che il dottore, avrei voluto fare il ricercatore farmaceutico)
E' chiaro che a volte ammettere a se stessi certe cose può essere molto doloroso, però se non lo si fa non si potrà mai riuscire a farsene una ragione. Adeguarsi non è dire: "ok, sto una merda, prendo questo è sto decentemente".
Al massimo è dire: "ok, nella mia vita ho fatto questi errori, posso rimediare solo su questi altri, mi rimarrà sempre il dolore per non aver fatto determinate scelte ma cerco di farmene una ragione".

Io condivido perfettamente. Infatti, per chiarire, non è che io 12 anni fa un giorno sono andata dal medico e gli ho detto "Dotto' sono un po' in crisi, sarei curiosa di provare il citalopram" e lui me l'ha prontamente prescritto.
Io di medici ne avevo consultati una decina in 7-8 mesi senza risolvere, e a quel punto sono stati i miei genitori a insistere sullo psichiatra, perchè io, come poi il 99% delle persone con un certo tipo di problemi, ero sicurissima che A ME non servisse.
Però in effetti bene non stavo, ed ero a terra, così quando mi ha proposto il farmaco ho pensato che tanto valeva provare, anche se non ero neppure convinta della sua diagnosi.
Magari sarei stata meglio anche senza, ma forse ci avrei messo molto più tempo. Poi non è che gli SSRI siano delle specie di allucinogeni che ti impediscono di vedere le cose come stanno o di guardare dentro te stesso e fare quel tipo di lavoro di cui parla Veleno. Anche secondo me adeguarsi significa fare il ragionamento che porti ad esempio tu. Il problema è che non tutte le persone riescono a farlo su tutti gli ambiti della vita e a convincersene davvero, e in certi casi, il farmaco aiuta proprio a fare quello.

PO-OL 12-12-2012 05:57 PM

Quote:

Originariamente inviato da Veleno (Scrivi 392076)
Comprendo il tuo discorso PO-OL.
Ma per cambiamento, io non intendo tanto una trasformazione nel senso "esteriore" del termine, ma più propriamente, del proprio modo di pensare.
Trovo il tuo esempio in tal senso, molto appropriato: ci sono situazioni che materialmente non possiamo cambiare, come quelle da te indicate, ovvio, ma possiamo comunque cambiare il nostro modo di viverle, la prospettiva dalla quale le inquadriamo.
La vita insegna che ci sono persone capaci di mantenere una serenità ed un equilbrio impensabili anche nelle situazioni personali e sociali più tragiche, ed al contrario, persone che trascorrono la vita a deprimersi per futilità estreme: dovrebbe far pensare quantomeno al fatto che l'approccio mentale sia una discriminante come minimo fondamentale...

Immaginavo che fosse quello che volevi dire e che fosse rimasto sottointeso, però mi sembrava importante sottolineare questo passaggio :)

Quote:

Originariamente inviato da DesperateGymwife (Scrivi 392121)
Io condivido perfettamente. Infatti, per chiarire, non è che io 12 anni fa un giorno sono andata dal medico e gli ho detto "Dotto' sono un po' in crisi, sarei curiosa di provare il citalopram" e lui me l'ha prontamente prescritto.
Io di medici ne avevo consultati una decina in 7-8 mesi senza risolvere, e a quel punto sono stati i miei genitori a insistere sullo psichiatra, perchè io, come poi il 99% delle persone con un certo tipo di problemi, ero sicurissima che A ME non servisse.
Però in effetti bene non stavo, ed ero a terra, così quando mi ha proposto il farmaco ho pensato che tanto valeva provare, anche se non ero neppure convinta della sua diagnosi.
Magari sarei stata meglio anche senza, ma forse ci avrei messo molto più tempo. Poi non è che gli SSRI siano delle specie di allucinogeni che ti impediscono di vedere le cose come stanno o di guardare dentro te stesso e fare quel tipo di lavoro di cui parla Veleno. Anche secondo me adeguarsi significa fare il ragionamento che porti ad esempio tu. Il problema è che non tutte le persone riescono a farlo su tutti gli ambiti della vita e a convincersene davvero, e in certi casi, il farmaco aiuta proprio a fare quello.

Capisco, vorrei solo fare un passo indietro, perchè si sono incrociati un po' di discorsi.
Diciamo che mi ha un po' colpito questo forte interesse e in particolar modo quella frase che ho quotato prima. Poi vedi tu se rifletterci o se semplicemente sono io che interpreto male.

Veleno 12-12-2012 06:13 PM

Quote:

Poi non è che gli SSRI siano delle specie di allucinogeni che ti impediscono di vedere le cose come stanno o di guardare dentro te stesso e fare quel tipo di lavoro di cui parla Veleno.
Infatti non te lo impediscono, ma ti deresponsabilizzano, perchè ti portano a pensare che tutto quello che potevi fare lo stai già facendo e che non c'è bisogno di altro, ma solo di aspettare: 1 mese, 6 mesi, 1 anno, e prima o poi 'sta molecola farà il suo effetto, e intanto posso continuare a fare la vita di sempre senza cambiare nulla...e in caso di fallimento/ricaduta posso sempre incolpare la molecola, la dose, il medico...

Quote:

Anche secondo me adeguarsi significa fare il ragionamento che porti ad esempio tu. Il problema è che non tutte le persone riescono a farlo su tutti gli ambiti della vita e a convincersene davvero, e in certi casi, il farmaco aiuta proprio a fare quello.
Il farmaco non ha neppure lontanamente questo potere.
Cambiare i propri schemi mentali è indiscutibilmente competenza della psicoterapìa.

Riccardo74 06-02-2013 02:39 AM

Salve a tutti sono nuovo di questo forum in cui mi sono imbattuto per caso ed ho trovato molto interessante.Ho letto di tutte le vostre testimonianze sui vari ssri,benzo,ecc....purtroppo da agosto 2011 anche io ho conosciuto questi farmaci(prima ero a malapena a conoscenza che esistessero).Ho iniziato con attacchi di panico per poi cadere in una forte forma di depressione,la cosa buffa che il tutto avveniva nel momento più bello della mia vita,mi ero appena sposato,ecc.La domanda che vi pongo,e credo anche diversa dalle altre perché non mi sembra abbiate ancora affrontato il tema,è la seguente: Voi che incidenza date alla genetica in una malattia come la depressione?Spiego: io ho avuto un nonno che dopo una splendida vita anche condita da grandi successi lavorativi all'età di 77 anni si ammalò di depressione e dopo circa 1 anno si suicidò.Io ero molto piccolo,vi parlo del 1985,ricordo vagamente la cosa ho sicuramente sofferto ma insomma dal 1985 al 2011 non ho mai pensato al suo gesto come una cosa collegata a me.Poi quando la depressione ha iniziato a colpirmi ho iniziato a pormi delle domande,ho cercato qualcosa riguardante la possibile ereditarietà di questa malattia ed in effetti ,nonostante ci siano pareri discordanti sembra che se si hanno casi in famiglia la cosa sia più complicata insomma.Ecco io oggi ho na vera e propria ossessione da questo,nel senso che ovviamente mi sento quasi impossibilitato nel guarire definitivamente come se il mio DNA,i miei geni non me lo permettessero.Oltretutto la cosa"buffa" è che assomiglio molto anche fisicamente al mio nonno materno suicida....cosa ne pensate??Ringrazio anticipatamente tutti quelli che spenderanno 1 minuto del loro tempo per rispondermi

LiborioAsahi 06-02-2013 09:13 AM

Ciao.
La mia idea, detta banalmente, è che ci sono sicuramente delle forti variazioni in funzione della genetica ma non vuol dire molto di per se.
Per usare esempi stupidi (:p) è come aspettarsi che crescano delle belle piante solo perchè si ha un buon terreno, quando se lasciato a se non cresce cmq nulla, essendo un fenomeno multifattoriale.

Doc 06-02-2013 11:06 AM

Liborio ha ragione, la depressione è una forma multifattoriale in cui la genetica fa la sua patre.

Non si può dire che la depressione sia una malattia genetica in senso stretto, ma sicuramente ha una componente famigliare. Si potrebbe poi discutere su quanto questa componente famigliare sia a sua volta genetica o ambientale.

PO-OL 06-02-2013 11:43 AM

Sarebbe curioso sapere se c'è una statistica su quanti uomini cadono in depressione dopo il matrimonio. Potrebbe essere l'equivalente della depressione post-parto per le donne........................


Tutti gli Orari sono GMT +2. Attualmente sono le 11:51 AM.

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