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Allenamento: Periodizzazione e programmazione La teoria, la tecnica, le scuole di pensiero e tutto ciò che occorre per un allenamento proficuo e senza traumi.

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Predefinito Dangerous Convention - Fiuuuu è andata! - 30-06-2009, 09:25 AM

Dangerous Convention - Fiuuuu è andata!



Un portatile, un televisore LCD, l’attrezzatura da giardino, un frigorifero, bibite varie e salatini, un portico messo gentilmente a disposizione dai miei suoceri perché il tempo non prometteva niente di buono (c’è stato anche un bell’acquazzone nel pomeriggio): in questo modo è stato creato un ambiente (spero) confortevole per la Prima Dangerous Convention!

Ho anche messo un po’ di cartelli con le frecce, creando un po’ di scompiglio fra gli abitanti della strada che non sono riusciti a decifrare il significato delle scritte misteriose (c’è chi invece di “Dangerous” ha letto “Don Zeno”, il parroco che c’era prima in paese…), automaticamente etichettate come “cose serie”.


Un pubblico di 17 persone provenienti da Siena, Livorno, Modena, Ravenna, Pisa, Firenze e da altre città: persone che si sono mosse per venite ad ascoltare ME! Un risultato per me eccezionale, un onore, senza retorica!

Il tutto in un clima molto cordiale e rilassato, anche se avere di fronte un plotone di persone, essere in cattedra, un po’… mette soggezione eh…


Ragazzi, spero vivamente che il tempo, la benzina e i Km che avete fatto siano stati ripagati e che l’esperienza vi sia servita a qualcosa, che non siate stati in qualche maniera “delusi” nelle vostre aspettative!

Del resto, dalle 15 alle 18 ho illustrato il materiale che avevo già reso disponibile, perciò non so se per voi è stato utile oppure no
Di seguito i link al materiale dell’incontro:


Posso dire, senza ombra di dubbio, che tutto questo è stato utile sicuramente a me: “testarmi” come conferenziere, provare le mie capacità di spiegare a voce certi concetti è stato sicuramente più impegnativo rispetto a scriverli. Mi sono accorto, più volte, di essermi impappinato e di non essere stato chiaro, non riuscendo a trasmettere a pieno il messaggio che invece mi sarebbe piaciuto dare, perciò ho molto da migliorare nell’arte oratoria!

Non solo, riuscire a capire “de visu”, tramite il dialogo diretto, quali siano i punti critici delle mie idee è stata sicuramente una esperienza fondamentale.


Prima di passare alle “cose serie”, se i partecipanti fanno la cortesia di inviarmi una e-mail con il loro nome e cognome completo (ok, sicuramente me l’avete già mandata ma come sempre ho fatto casino…) invierò a tutti un attestato personalizzato di partecipazione in pdf, mi ero scordato di farlo… Chiaramente, è tutto un gioco e il valore commerciale del foglio è simile a 4 foglietti di morbidezza Scottex, però, dai, una cosa carina, no?

L’esperienza è stata nel mio caso, sì, emozionante e sicuramente è mia intenzione riproporre nuove edizioni, con altri argomenti o idee. Mi piacerebbe ad esempio una giornata dove vengono descritti praticamente gli esercizi, con pesi, bilancieri e power rack. Poiché mi sono divertito, mi sbilancio nel dire che se qualcuno mette in piedi da qualche parte un gruppo di persone, mi posso anche spostare io!

__________________

Integro perciò la presentazione con le considerazioni aggiuntive che derivano dalla riflessione sulle domande che avete fatto.


Tutti noi appassionati intendiamo l’allenamento come una “sfida prestazionale con noi stessi”, che ci porta ad una miglior conoscenza di quello che ci piace: in questo senso l’allenamento è veramente un processo di apprendimento.

“Ho ottenuto ciò che volevo, perciò ho capito come fare ad ottenerlo”: oltre al risultato, la vera “sfida” per quelli come “noi” è comprendere le regole del gioco!

Internet consente oggi il reperimento di informazioni già dieci anni fa assolutamente indisponibili, permettendo di sopperire alla carenza della figura dell’”allenatore”: di fatto, siamo tutti allenatori di noi stessi.



Due limiti:
  • Un allenatore ha a disposizione un campione umano vasto ed eterogeneo dove provare, in base alle individualità, soluzioni diverse: una mole di dati enorme rispetto ad un singolo che testa su se stesso le varie teorie. Il processo di apprendimento non può che essere molto più lento. Il limite di un allenatore è solo la sua bravura e la sua voglia di imparare, il limite di un allenatore di se stesso è anche il numero di “prove” che può svolgere nel tempo.
  • Per un allenatore di se stesso è facile concentrarsi sempre sugli stessi aspetti dell’allenamento, quelli con cui ha più feeling o quelli che hanno portato i risultati migliori. Ognuno di noi ha attitudini ed interessi (io ad esempio non ho mai fatto un ciclo di ipertrofia in stretto senso culturistico). Questo è assolutamente comprensibile, ma può precludere allo studio teorico e pratico di aspetti dell’allenamento con cui il feeling o l’interesse sono minori.
Oggi è possibile accedere ad informazioni incredibili, ma la disponibilità non le rende comunque semplici: per “noi” il processo di apprendimento è sicuramente molto faticoso. Un aspetto fondamentale è perciò mantenere la curiosità intellettuale, mettersi sempre in gioco, non pensare mai di aver capito tutto, sforzarsi di sperimentare cose diverse.

Le domande che sono state fatte avevano come elemento comune il “come si fa per”, cioè indicazioni pratiche per ottenere risultati: il punto è che quando ci muoviamo all’interno di criteri che hanno una ragionevolezza, l’unico modo per scremare fra idee plausibili è la “prova sul campo” che permette la sintonia fine dei parametri scelti.

La “prova sul campo” è quella che crea l’”esperienza”! Un (bravo) allenatore con molti atleti effettuerà molte “sintonie” in parallelo, noi siamo costretti a provarle in serie sull’unica cavia a disposizione: siamo limitati nell’esperienza, ma questo va accettato.


Ho constatato che c’è molto interesse negli schemi di accumulo e trasformazione: il significato delle fasi e i motivi per cui siano necessarie è risultato chiaro, mentre è emerso interesse su “come accumulare” e cosa significa “accumulo” in termini pratici.


In sintesi, “accumulare volume” significa “riuscire a essere bravi in molte ripetizioni con un carico mediamente impegnativo”: non si tratta solamente di riuscire ad avere una tecnica perfetta in una serie, ma di mantenere questa tecnica anche in condizioni di stanchezza:
  • Poiché siamo interessati allo sviluppo della forza massimale, il metabolismo energetico utilizzato è quello anaerobico alattacido data la durata limitata della prestazione richiesta.
  • Vengono pertanto utilizzate serie di poche ripetizioni proprio per utilizzare questo metabolismo, evitando la produzione di acido lattico, l’uso del buffer aumenta la “freschezza” in ogni serie. Segue che per ottenere un corretto volume sono necessarie “molte” serie, che hanno come effetto il mettere sotto stress la capacità di resintesi e stoccaggio del creatinfosfato, l’inevitabile acido lattico creato verso la fine dell’allenamento costituisce un ulteriore elemento di difficoltà.
  • In queste condizioni il mantenimento della tecnica nelle ripetizioni di ogni serie implica un uso massiccio delle capacità neurali, con conseguente adattamento e miglioramento: visti i carichi utilizzati l’attività elettrica del Sistema Nervoso si incrementa.
La ripetizione di un “gesto” in condizioni di stanchezza crescente è necessaria per lo sviluppo delle abilità “della forza”, anche se il carico utilizzato non è massimale. Così facendo si creano i presupposti per l’utilizzo di carichi superiori una volta che il volume verrà decrementato.

L’uso fin da subito di carichi massimali risulterebbe troppo stressante per le capacità adattative, perciò questa strategia non potrebbe essere mantenuta nel medio periodo: otterremmo un’esposizione limitata allo stimolo allenante. Viceversa, una fase di accumulo permette di sviluppare le stesse abilità con carichi inferiori, perciò perseguibili nel tempo.

Facendo un parallelo secondo me molto calzante, il metodo migliore per diventare bravi in un videogioco è… giocare il più possibile gli schemi a quella che è la difficoltà media in quel momento per il giocatore, in modo da acquisire la destrezza e la coordinazione necessari per i livelli più impegnativi. Iniziare subito da questi significa giocare pochissimi secondi ogni volta, non diventando mai bravi. L’accumulo è un modo per “diventare bravi”!

E’ l’atleta intermedio che si avvantaggia degli schemi accumulo-intensificazione, chi ha già sviluppato una buona forza con gli schemi classici a cedimento del bodybuilding, ha già acquisito un buon livello di abilità, la sua è una forza “grezza”: passare a schemi bufferati in cui può concentrarsi sulla tecnica porta fin da subito un miglioramento.



Per quantificare, si avvantaggia fin da subito di questi schemi un atleta con circa questi massimali:
  • Squat: 1,8BW
  • Panca: 1,3BW
  • Stacco: 2,2BW
Per una persona di 75Kg equivalgono a 135 – 100 – 165. In questo caso la “prova sul campo” restituirà all’atleta le sensazioni “giuste” per ottenere un confronto fra il “vecchio” e il “nuovo” allenamento. E’ proprio la possibilità di apprezzare queste differenze che crea la giusta esperienza e la comprensione dei nuovi concetti.

Più l’atleta è lontano da questi livelli e meno avrà schemi motori consolidati e anzianità d’allenamento: tutti siamo “principianti” in qualche aspetto dell’allenamento, qualsiasi sia il nostro livello, ma c’è chi è più principiante di altri!

In questi casi è più difficile apprezzare e comprendere certi concetti, non lo dico per snobismo o per assurgere a guru di filosofie astruse.

Il principiante “farà volume” sforzandosi di ripetere semplicemente le alzate nella miglior maniera possibile: una strategia molto produttiva, che è quella che uso sempre io, è darsi un obiettivo di un numero di alzate a seduta tecnicamente perfette e incrementarlo nel tempo.



Esempio: l’atleta ha un massimale su tre ripetizioni pari a 80Kg, stabilisce un totale di 20 ripetizioni di squat, indipendentemente dalle serie. Un ipotetico allenamento potrebbe essere:
  • 2×60Kg – 2×65Kg - 2×70Kg, ogni serie viene ripresa e rivista, subito.
  • 1×75Kg, incertezza e poco affondo, viene scaricato il peso
  • 2×65Kg, ok, buona serie rivista nella clip
  • 2×65Kg – 2×65Kg, senza riprendersi per non perdere tempo
  • 1×70Kg – 1×70Kg, molto più sicuro
  • 3×65 – 3×65, sentendomi sicuro “oso” su tre ripetizioni, arrivando a 21 ripetizioni.
La volta successiva potrò ripetere l’allenamento “lanciandolo” sugli 80Kg o passerò alle serie da tre ripetizioni o incrementerò a 25 le ripetizioni totali.

Questo tipo di allenamento può essere protratto per molte settimane e… funziona, perché ha gli elementi gusti: la ricerca della tecnica corretta, rivedersi con le clip, volume di lavoro pertanto ripetizione del gesto.

Lo scoglio più grande è che questo schema è del tutto destrutturato e può destabilizzare: non ha la “sicurezza” di uno schema codificato in termini di serie, ripetizioni, carichi e recuperi.

Il problema è che il principiante dovrebbe imparare semplicemente la tecnica corretta, allenandosi: l’assenza di uno schema è sicuramente un freno, ma la sua presenza può invece essere un elemento di distrazione. Non è lo schema che fa migliorare un principiante, ma il fatto che lo sottopone ad un certo volume di lavoro in cui si sforza di fare le cose per bene!

Senza essere troppo mistici, il principiante dovrebbe, in un solo esercizio o una sola seduta a settimana, provare uno schema che gli piace senza riversare troppe aspettative ma considerandolo solo un periodo introduttivo per “saggiare” nuove idee.

Comprendo benissimo che un approccio del genere possa sembrare deludente, del resto il successo di certi schemi di allenamento rigidamente codificati deriva proprio dalla sicurezza che le schede preconfezionate restituiscono a chi le esegue, però io, come tutti gli “autori”, ho le mie idee: comprendo le difficoltà iniziali, ma penso che forzare la più perfetta macchina adattativa dell’Universo a fare quello che vogliamo noi sia un compito complicato, non semplificabile sotto un certo livello. E’ necessaria una gavetta, comprensiva di errori e prove che vanno male.


Un altro aspetto di interesse è “come scelgo il carico giusto”: anche in questo caso, se esistono dei criteri “ragionevoli”, è impossibile una risposta definitiva, secca.



In aggiunta al materiale della presentazione posso dire che risulta fondamentale avere la sensazione di non stare sprecando il proprio tempo: rifacedomi all’esempio precedente, ecco un’idea per chi per la prima volta si avvicina a questi schemi.
  • Scegliete uno schema che vi piace, di durata non elevata. Un 5×4, 6×3, 8×2 su tre settimane può essere un buon candidato. Provatelo su UN SOLO ESERCIZIO.
  • Svolgete un allenamento preventivo di test, quello descritto in precedenza può andare bene. Avete a disposizione informazioni sufficienti per desumere che 5×4x60Kg sia un buon inizio.
  • Eseguite il 5×4x60Kg, nel caso fosse troppo “facile”, aggiungete serie. Se ad esempio riuscite in un 7×4x60Kg, la volta successiva provate un 5×4x62,5Kg. Avete ottenuto due risultati: il primo è che non avete sprecato un allenamento dato che il 7×4 dà la sensazione di “aver lavorato”, il secondo è che avete già informazioni per l’allenamento successivo. L’idea è di partire magari con un carico sottodimensionato e nel caso incrementare il volume, svolgendo tanti allenamenti a carico sempre maggiore fino a che non viene centrato il 5×4 “corretto”.
  • Passate al 6×3 che approssimativamente potrete svolgere, nelle ipotesi suddette, con 5Kg in più rispetto al carico del 5×4, ipotizziamo 6×3x65Kg. Anche in questo caso, se l’allenamento fosse “facile”, aggiungete serie e continuate ad allenarvi con lo schema x3 fino a che “non viene il 6×3 giusto”.
  • L’8×2 segue la filosofia precedente, con 5Kg in più.
Quello che accade con questa strategia, solitamente, è che la prima volta lo schema dura ben più di tre settimane: è un punto di merito dato che in ogni allenamento sarete soddisfatti. Proprio perché schemi del genere migliorano di molto la tecnica e i pattern motori, non è improbabile riuscire in un 8×2x80Kg, 16 ripetizioni con il carico usato in precedenza su tre ripetizioni.


Così facendo il successivo schema beneficierà delle informazioni ottenute dal presente, permettendo un settaggio dei carichi corretto fin da subito. Non è importante beccare da subito i carichi corretti e se l’allenamento è un processo di apprendimento, così facendo state sicuramente imparando qualcosa di utile!


Un altro aspetto critico del “farsi una esperienza”, che le prime volte crea sicuramente delle difficoltà, è riuscire ad associare il “giusto carico” alle percentuali di un programma di allenamento: comprendo che la scala di merito che propongo necessiti di interiorizzazione e che le percentuali siano una guida utile le prime volte che viene usato uno schema.

Voglio però evidenziare che presentazione per la scelta dei carichi usare le percentuali o il criterio descritto nella presentazione siano di fatto equivalenti sotto questo aspetto: la prima volta non vi permetteranno di comunque di scegliere i carichi corretti!

Dovete, cioè, imparare a scegliere i carichi di uno schema sulla base dei vostri risultati passati, ma per avere dei “carichi passati” dovete già esservi allenati in un certo modo… questo è il significato di “esperienza”.

Supponete di aver effettuato lo schema precedente con questi risultati: 5×4x65Kg – 6×3x70Kg – 8×2x80Kg. Il test massimale nello squat vi porta a 95Kg quando avevate 3×80Kg a cui corrispondeva un ipotetico massimale di 90Kg. Ipotetico perché mai l’avevate testato, mentre adesso i 95Kg sono reali.

A posteriori potete dire che vi siete allenati in 8×2x85%, ma solo a posteriori! Se invece aveste scelto inizialmente per l’8×2 proprio l’85% del vostro massimale teorico di 90Kg, vi sareste allenati in 8×2x76Kg, un peso inferiore alle vostre potenzialità. Questo è il problema dei principianti: i massimali non sono stabili e le percentuali di questi sono solo indicazioni.



La volta successiva in cui ripeterete lo schema avete a disposizione due possibilità:
  • Ipotizzare un massimale finale di 100Kg a cui segue un 8×2x85Kg
  • Aggiungere ad ogni allenamento +5Kg rispetto ai carichi che avete utilizzato (e che adesso conoscete), nuovamente eseguendo 8×2x85Kg
Nel secondo caso non utilizzate le percentuali perché, semplicemente, non ne avete bisogno: quale può essere un incremento plausibile per la ripetizione dello schema? Sicuramente, al massimo 5Kg, dài! Non ci vuole tanta Scienza per capirlo, una volta che avete a disposizione i dati “giusti”, ma per avere i dati “giusti” dovete avere l’esperienza per comprendere come rispondete all’allenamento stesso.




“Come vengono scelti i recuperi in uno schema di allenamento?” Devo dire che la letteratura sulla scelta dei recuperi non è molto approfondita, se non con indicazioni del tipo “per la forza recuperi elevati”. Il problema è che queste indicazioni o si basano sul raggiungere il cedimento concentrico in ogni serie, oppure derivano da schemi di allenamento in cui il tempo delle sessioni non è mai critico, essendo a piacere.

La mia opinione è che il tempo di recupero debba permettere di mantenere quanto più possibile il corretto metabolismo energetico che alimenta i “gesti atletici allenati”, cambiarlo altererebbe lo scopo della sessione introducendo elementi di stress aggiuntivo.

Allenando la forza, il recupero dovrebbe permettere il reintegro del creatinfosfato quasi nella sua interezza. Il “quasi” è necessario per introdurre un elemento aggiuntivo di stress in modo che il Sistema Nervoso debba compensare questa stanchezza aggiuntiva.

In altre parole, la differenza fra un 8×3 con 10’ o 3’ di recupero fra le serie è il carico utilizzato, superiore nel primo caso che risulta essere maggiormente performante, se si ha il tempo per allenarsi in questo modo.

Nel secondo caso, pur con carichi inferiori, la stanchezza crescente durante la sessione permette comunque di stressare il Sistema Nervoso ed ottenere un corretto stimolo allenante in un tempo accettabile. In questo senso il secondo allenamento è ben più abbordabile e perseguibile nel tempo.

Pertanto in questi schemi un recupero appropriato è dai 2’ ai 5’, per la mia esperienza.

E’ conveniente dichiarare nello schema da seguire una fascia di recupero: 2’-3’ o 3’-4’. Così facendo è possibile usare il recupero come regolatore della fatica durante l’allenamento stesso.

“E’ indice di miglioramento riuscire a completare uno schema con un recupero inferiore rispetto ad un ciclo passato?” Sicuramente si, il problema è che l’aumento della “densità”, cioè del lavoro svolto nell’unità di tempo, funziona molto bene e può indurre in false aspettative. E’ possibile, cioè, migliorarla molto ma questo significa che il carico scelto non è più allenante e meglio sarebbe invece incrementarlo.

E’ da ricordare, infatti, la premessa: l’interesse è nell’aumento del carico che risulta essere così il parametro principale di giudizio. Nel caso di un allenamento EDT il parametro di merito sarebbe invece proprio la densità.

Comprimere troppo il recupero altera il metabolismo energetico verso quello lattacido, alterando il tipo di stress dell’allenamento stesso. Chiaramente la visione dell’allenamento non è mai on/off, ad esempio se in un ciclo è stato concluso un 8×3 con recuperi inizialmente di 3’ portati a 4’ nelle ultime serie, un miglioramento è sicuramente dato dalla ripetizione dello stesso 8×3 mantenendo il recupero fisso a 3’: il metabolismo energetico è sempre lo stesso, l’uso fisso dei 3’ implica sicuramente un miglioramento di tutte le capacità che generano “forza”.

Portare il recupero a 2’ sarebbe indice di un sicuro miglioramento, ma questo implicherebbe dedicare sedute di allenamento a questa “impresa”, mantenendo di fatto lo stesso carico. Sarebbe invece più performante dedicare le stesse sedute ad eseguire un 8×3 con recupero 3’-4’, come il vecchio schema, ma a carico superiore.


E’ importante sottolineare che la Teoria della Supercompensazione non preclude la possibilità di miglioramento del tempo di recupero fra seduta e seduta: questo aspetto è fondamentale, perché permette di aumentare la capacità di lavoro. Ciò non significa allenarsi a frequenze elevatissime, ma forzare il nostro corpo a raggiungere picchi prestativi programmati quando noi vogliamo.

Questo è sicuramente un compito complesso, ma è ciò che viene fatto in qualsiasi preparazione di uno sport: non ci si allena e si attende il recupero, ma si forza il proprio corpo a recuperare nel tempo da noi stabilito.

L’aumento della capacità di lavoro è fondamentale perché è necessario raggiungere un volume minimo di ripetizioni del “gesto” per ottenere un effetto allenante: per questo motivo il principiante o l’hardgainer nel senso classico del termine dovrebbe curare questo aspetto. Prima il raggiungimento di una data frequenza settimanale, poi lo sviluppo del volume in ogni sessione e a partire da questa situazione l’incremento del carico a cui seguirà una eventuale diminuzione della frequenza e del volume per seduta. Se però questi due elementi mancano non sarà possibile nemmeno una crescita dei carichi.

Per non sembrare un adoratore del Volume Stellare, ritengo che una frequenza settimanale appropriata sia data da tre sedute, ognuna di circa un’ora. Nulla di particolare, perciò.

Per quanto riguarda la multifrequenza, argomento a questo aspetto correlato, microcicli settimanali con più sedute di squat e stacco, molto bufferate e per un numero limitato di settimane possono funzionare, il problema è che allenamenti di questo tipo necessitano di una buona conoscenza di se stessi: la multifrequenza se da un lato porta molti risultati, dall’altro fa accumulare molto stress sistemico poiché il soggetto va ad allenarsi quando sono in atto i processi di recupero degli allenamenti precedenti.



Come soluzione pratica, è necessario dedicare un periodo di training all’incremento della frequenza di allenamento in maniera molto graduale. Ipotizzando una scheda del tipo ABC un’idea potrebbe essere:
  • A-B-C con almeno un giorno di recupero fra le sessioni
  • AB-C le sessioni A e B vengono eseguite consecutivamente
  • ABC le sessioni vengono tutte eseguite consecutivamente
  • A-B-A almeno un giorno di recupero ma viene ripetuta due volte la scheda A
  • AB-A le sessioni A e B vengono eseguite consecutivamente
  • A-A-B viene invertito l’ordine per avere due schede A in sequenza
  • AA-B le due sessioni A vengono eseguite consecutivamente
Schemi di questo tipo permettono di adattarsi alla maggior frequenza dello stesso tipo di scheda mantenendo inalterata la frequenza settimanale delle sessioni.


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