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Predefinito Biomeccanica di base - Parte 4 - Energetica del curl - 18-06-2007, 11:19 AM

Biomeccanica di base - Parte 4 - Energetica del curl


Non ce l’ho fatta… ho scritto un titolo molto accademico! In questa parte della trattazione affronteremo un argomento che ci sta a cuore: quanta energia ci mettiamo nel nostro movimento con il manubrio?
Ma… prima di tutto, cosa è l’energia? Facile, no? Bene, scrivetelo su un foglio. Vi accorgerete che assumerete espressioni Fantozziane tipo “dicesi energia…”. Definiamo energia la capacità di compiere lavoro (e/o di trasferire calore da un corpo ad un altro). Nel nostro caso non ci sarebbe stata definizione migliore!

Studieremo pertanto quanta energia, quanto lavoro il nostro bicipite deve generare per muovere il nostro bel manubrio.

Prima di tutto, vorrei eradicare una delle peggiori applicazioni delle formule della Fisica al mondo dei pesi. Il Fisica il lavoro meccanico è definito così:

E si legge: “il lavoro è pari alla forza per lo spostamento”. Utilizzata così questa definizione porta ad errori catastrofici. In realtà la storiella completa è la seguente:
Sia dato un “corpo” (punto materiale, oggetto, quello che vi pare) su cui agisce una forza risultante diversa da zero e pari ad F, se il corpo si sposta sul percorso s il lavoro meccanico svolto dalla forza è pari al prodotto scalare della forza F per lo spostamento s.
“Si ma è uguale in fondo!” Eh no! Non è “uguale”

Il disegno mostra un corpo che compie uno spostamento s sotto l’effetto della forza F. Entrambe le grandezze sono vettoriali, nel senso che lo spostamento ha una direzione e un verso, la forza pure e non è detto che coincidano.

Il lavoro è dato dal prodotto scalare dei due vettori, cioè si moltiplicano fra loro i valori (moduli) della forza e dello spostamento, “pesandoli” con un fattore che tiene conto della direzione di entrambi, il coseno dell’angolo che sussiste fra i due vettori. Così facendo si tiene conto del fatto che se io “tiro” l’oggetto non nella direzione dello spostamento, il lavoro compiuto per muovere l’oggetto nella direzione voluta è minore del caso in cui io tirassi nella stessa direzione! Quando forza e spostamento sono perpendicolari fra di se, il lavoro è pari a zero.
Si capisce pertanto che tutto questo può avere o meno attinenza con la nostra attività in palestra:
  1. La forza è una forza netta, una risultante. Se questa è pari a zero, il lavoro è pari a zero. Se io sorreggo un bilanciere grondante di pesi e lo muovo a velocità costante, la mia forza muscolare sta equilibrando completamente la forza del bilanciere stesso. Cioè la risultante delle forze è zero. Non c’è lavoro meccanico sul bilanciere, ma i miei muscoli fanno fatica eccome!
  2. Sempre nello stesso esempio, se io tengo il bilanciere fermo anche lo spostamento è zero. A maggior ragione il lavoro è pari a zero, ma niente può essere più falso per i nostri muscoli.
  3. Se il lavoro meccanico si svolge su un percorso chiuso, lo spostamento è pari a zero, perciò il lavoro totale è nullo. Attenti perciò a chi dice che “se sollevo più in alto nella panca faccio più lavoro”! Chi solleva un peso, poi lo riabbassa, perciò il lavoro è zero!
Il nocciolo della questione è che quando parliamo di lavoro sottintendiamo, senza accorgercene, che stiamo considerando il lavoro svolto sul bilanciere, non dai nostri muscoli. E’ sempre il solito problema: applicare nella maniera sbagliata dei concetti corretti.

Il lavoro svolto dai muscoli consiste, semplificandolo al massimo, nel far scorrere i filamenti di miosina su quelli di actina, in modo da ottenere una contrazione. Impulsi elettrici dei neuroni si trasformano in impulsi chimici e con una complessa catena di reazioni si ottiene il movimento.

Possiamo dire che l’energia per fare questo è proporzionale alla forza che il muscolo deve generare. Cioè l’energia necessaria nell’unità di tempo è proporzionale alla forza che i muscoli devono generare in quell’unità, e matematicamente si scrive così:
Per dire “proporzionale” i matematici usano una uguaglianza dove un termine è moltiplicato per una costante opportuna. Da cui:

L’energia totale è pari alla somma (integrale) di tutti i contributi energetici nei vari istanti di tempo. Non fatevi impressionare dall’integrale che serve per fare bella figura e basta, il concetto importante è che l’energia muscolare è proporzionale alla forza che il muscolo deve sviluppare per il tempo di generazione della forza stessa.

Questa è una generalizzazione del tempo sotto tensione o TUT (time under tension) di Poliquin e, se ci pensate, è una logica ed evidente estensione. Non è importante SOLO il tempo, ma anche la forza che si deve generare! Matematicamente si esprime come sopra e graficamente è l’area sotto il grafico della forza. Questo modello ci servirà per quantificare delle grandezze e confrontarle fra loro, non per calcolare il valore assoluto delle grandezze stesse. Per questo le aree saranno considerate adimensionali, senza unità di misura.
Consideriamo la figura seguente: un curl con apertura fino a 90°, 2 secondi di eccentrica, 2 secondi di concentrica, 1 secondo di pausa fra le due, 0.5 secondi per frenare il peso, 0.1 secondi per accelerare il peso. Poliquin scriverebbe così: 2.1.2.0

Facciamo un po’ di misure, otteniamo:

Area curva statica
60.591
Area curva dinamica
61.516
Differenza
925
Differenza %
1,5%


Area picco eccentrica
493
% sul totale area
0,8%
incremento forza rispetto a massimo statico
6%


Area picco concentrica
432
incremento forza rispetto a massimo statico
27%
% sul totale area
0,8%

Il dispendio di energia totale dovuto alla “dinamicità” è veramente esiguo, con una differenza solo dell’1.5% sul totale. Se consideriamo il picco della concentrica necessario per mettere in moto il manubrio, a fronte di una maggior produzione di forza del 27%, l’energia totale del picco stesso è meno dell’1% del totale da produrre.

Questo fenomeno si ritrova in qualunque movimento: i picchi impulsivi generano un lavoro complessivo praticamente nullo perché la loro durata è minimale, ma devono essere assorbiti dai nostri tendini e dalle nostre ossa: visualizzate queste aree e questi picchi quando vedete qualcuno che si allena strappando e lanciando i pesi.

A questo punto dovrebbe essere chiaro cosa è necessario valutare nel calcolo del lavoro muscolare. La trattazione termina qui anche se chiaramente ci sarebbero da dire tantissime altre cose. Ad esempio, le forze eccentrica, concentrica e isometrica sono “differenti” fra loro. Questo dovrebbe essere evidenziato nel modello.

Ma si tratta di un’altra storia.


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