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Veleno 08-07-2012 01:59 PM

Bisogna imparare ad accettare la condizione umana: imperfetta, fallace, mortale. Niente di più, niente di meno.

carlo88 08-07-2012 02:11 PM

Quote:

Originariamente inviato da Veleno (Scrivi 365215)
In realtà non ci deve essere nessun sogno.
Siamo chi siamo, e siamo quello che siamo; ogni problema nasce quando decidiamo di ignorare questo fatto e ci imponiamo di essere "altro", fino a raggiungere in questo, proporzioni patologiche.

dissento totalmente sul fatto che sia l' imposizione ad essere ''altro'' da se stessi a portarci al patologico, quando può essere facilmente il contrario: ossia una condizione patologica può portarci a snaturarci.

PO-OL 08-07-2012 03:30 PM

Quote:

Originariamente inviato da carlo88 (Scrivi 365255)
dissento totalmente sul fatto che sia l' imposizione ad essere ''altro'' da se stessi a portarci al patologico, quando può essere facilmente il contrario: ossia una condizione patologica può portarci a snaturarci.

Anche questo è vero, se no non sarebbe così difficile uscire da certi circoli viziosi

carlo88 08-07-2012 07:09 PM

già.....

GiulioWL 08-07-2012 07:17 PM

Quote:

Originariamente inviato da Acid Angel (Scrivi 365203)
... e in questa cosa non si deve essere tirchie, perché una é più autentica quanto più assomiglia all'idea che ha sognato di se stessa."

Io invece sono abbastanza d'accordo con questa frase :D

Mi ritrovo nella frase nel senso che non è vero che uno sia autentico solo quando è se stesso. Ma soprattutto, cosa vuol dire essere se stessi?

Se io divento obeso perché mangio come un maiale e sto tutto il giorno davanti alla tv, questa è autenticità? Se io sogno di essere magro perché starei meglio e invece rimango obeso perché sono pigro, sono autentico?

No, io direi che sono pigro. Sono più autentico se riesco a essere il "me stesso" che desidero, cioè se riesco ad essere magro.

Si potrebbe obiettare: si ma tu vuoi essere magro perché pensi troppo al giudizio degli altri...e chi è che non ci pensa agli altri, dai su. Trovatemi una persona che se ne frega di quello che pensano gli altri. E' una bugia, non è così. Il ciccione soffre ad essere ciccione, e se non soffre è perché dalla sua ciccionaggine derivano più benefici che malefici, oppure una condizione neutra. Prendete Giuliano Ferrara, la sua ciccionaggine ormai è parte del personaggio, paradossalmente se non fosse ciccione perderebbe qualche ascolto.

Se trasliamo i discorso dal fisico (i complessi sul quale sono molto adolescenziali) a tutto il resto, non cambia di molto IMHO.

Diciamo che però il discorso falla se l'idea che uno si fa di se non l'ha pensata lui. Allora si che casca l'asino.

Cioè non ci vedo nulla di male a cercare di realizzare, per quanto possibile, l'ideale di se stesso, purché sia un nostro desiderio maturo

LiborioAsahi 08-07-2012 08:08 PM

Secondo me in quella frase ci andrebbe "realizzata" al posto di "autentica".
"Autentica" non mi sembra nemmeno lontanamente inerente al contesto.
Io perlomeno la vedo diversamente:
Un essere non è maggiormente autentico se incarna un suo ideale.
Un essere è autentico quando accettando la sua condizione riesce a non celarla (o non tentar di farlo) al prossimo (e a se stesso) ma ne prende atto, senza dolore alcuno.

Veleno 08-07-2012 08:23 PM

Quote:

Un essere è autentico quando accettando la sua condizione riesce a non celarla (o non tentar di farlo) al prossimo (e a se stesso) ma ne prende atto, senza dolore alcuno.
Quotone per il Libo.
Aggiungo, che anche secondo me l'assunto iniziale non è molto sensato per come è composto, ma è solo una frasetta da film buttata lì tanto per...

Veleno 08-07-2012 08:28 PM

Quote:

Originariamente inviato da carlo88 (Scrivi 365255)
dissento totalmente sul fatto che sia l' imposizione ad essere ''altro'' da se stessi a portarci al patologico, quando può essere facilmente il contrario: ossia una condizione patologica può portarci a snaturarci.

Una condizione patologica può imporci di essere "altro" da noi stessi.
In ultima analisi, è la stessa cosa: la discriminante resta la ricerca più o meno spasmodica di un ideale, consapevole o inconsapevole, volontaria o involontaria che sia.

Nelle psicopatologie comuni questa ricerca è solitamente volontaria, consapevole, e le difficoltà ad uscirne sono riconducibili a molte cause diverse.

PO-OL 08-07-2012 09:28 PM

Tornando al punto, io direi che costa molto di più l'idea di autenticità espressa da liborio che quella di inizio 3d.

E' molto più facile non accettare i propri limiti e finire nel loop della depressione che accettare le carte che abbiamo pescato dal destino.

Poi un altra cosa che ha rovinato intere generazioni sono tutti quei film del c***o con il poveretto disagiato che lavorando/studiando/prostituendosi la notte (ma sempre rispettando i suoi ideali) diventa, a seconda del film: calciatore prodigio, ballerina di fama mondiale, rockstar di successo, presidente degli stati uniti.

La realtà non è così, uno ha un punto di partenza che può essere buono o cattivo e poi, a seconda di quanto si sbatte, arriverà ad un punto di arrivo più o meno distante da quello di partenza. Uno su un milione fa il botto, tutti gli altri no.
Accettare questo è costoso, non incominciare a piangersi addosso perchè non si avrà mai la ferrari piuttosto che una velina diversa per ogni sera piuttosto che andare alle olimpiadi... Questa è la cosa più facile ;)

Tornando a quanto ha detto giulio, è chiaro che per il ciccione che mangia hamburger davanti alla tv questi discorsi non valgono... ma se io domani volessi fare la ballerina di danza classica, potrei tanto impegnarmi e tanto piangermi addosso, ma col tutù proprio non ho speranza di sfondare :D

carlo88 08-07-2012 09:48 PM

ok, va bene tutto ma non si può ricondurre una malattia grave come la depressione (il cui decorso porta probabilmente al suicidio) al non accettare i propri limiti, o alla ricerca spasmodica e irrisolta di un ideale, appunto irraggiungibile o comunque in conflitto con la propria persona;

il discorso può funzionare per patologie meno gravi, ma malattie come la depressione hanno motivazioni più profonde e complesse; tante volte possono essere genetiche;

Io sono d' accordo con Veleno che il conflitto (più o meno esasperato) ''interiore'' può portare a conseguenze più o meno esasperate, appunto, ma non si può neanche semplificare troppo.

Acid Angel 08-07-2012 10:00 PM

Quote:

Originariamente inviato da Veleno (Scrivi 365299)
Quotone per il Libo.

Concordo.

Aggiungo, che anche secondo me l'assunto iniziale non è molto sensato per come è composto, ma è solo una frasetta da film buttata lì tanto per...

Ma infatti era soltanto lo spunto per la bella discussione che ne è nata, lo avevi detto proprio tu che sarebbe stato stimolante approfondire. Logico che poi tutto va' scorporato o contestualizzato o, come ha fatto liborio, riformulato.

.

Veleno 08-07-2012 10:03 PM

Quote:

ok, va bene tutto ma non si può ricondurre una malattia grave come la depressione (il cui decorso porta probabilmente al suicidio) al non accettare i propri limiti, o alla ricerca spasmodica e irrisolta di un ideale, appunto irraggiungibile o comunque in conflitto con la propria persona;

il discorso può funzionare per patologie meno gravi, ma malattie come la depressione hanno motivazioni più profonde e complesse; tante volte possono essere genetiche;

Io sono d' accordo con Veleno che il conflitto (più o meno esasperato) ''interiore'' può portare a conseguenze più o meno esasperate, appunto, ma non si può neanche semplificare troppo.
Non è questione di semplificare. E' che la causa primaria della depressione è proprio la differenza tra il reale e l'ideale; più la differenza è marcata, più la sofferenza è significativa.
Sul fatto che alla base vi possano essere ANCHE cause genetiche la discussione è tutt'ora aperta (le possibilità sembrerebbero maggiori in relazione alle sindromi bipolari o alla schizofrenìa); l'osservazione diretta, mediante colloquio psicologico, suggerisce che è invariabilmente lo schema mentale del paziente a determinare la patologia. Quanto poi questo schema sia innato, o acquisito non c'è possibilità di saperlo, e non è neppure importante, dal momento che si può cambiare, almeno entro certi limiti.

Comunque, come nota a margine, è da precisare che la depressione non comporta il suicidio come "decorso obbligatorio"...

Veleno 08-07-2012 10:28 PM

@acid: se vogliamo riformulare, allora dovremmo anche ridiscutere il significato del termine "realizzato": cioè, davvero sono più realizzato quanto più mi avvicino al mio ideale?
Ancora, la mia risposta è NO.
Il mio ideale può essere una promozione professionale: la ottengo, e il giorno dopo, scopro che mi toccano responsabilità che nessuno vorrebbe, e che lo stipendio non è adeguato; quindi, immediatamente lo sostituisco con un nuovo ideale: diverse responsabilità, diverso stipendio. Dunque, quanto sono realizzato veramente?

Aspiro ad un certo tipo di relazione: la ottengo, poi mi accorgo dei difetti della persona con cui condivido il mio tempo, quindi = nuovo ideale: altra persona, oppure persona depurata dei difetti. Di nuovo, quanto sono realizzato, pur essendomi avvicinato al mio ideale?

Comunque la giri, è un autoinganno.
Essere realizzati non ha nulla a che vedere con quanto ci avviciniamo al nostro ideale, ma piuttosto, con come viviamo i traguardi che conseguiamo (e anche quelli che NON conseguiamo); si ritorna nuovamente al discorso dell'accettazione, resa più difficile dalla nostra innata tendenza ad illuderci e come dice POOL, dal fatto che siamo costantemente fuorviati dagli ideali distorti sponsorizzati dai media...

PO-OL 08-07-2012 10:32 PM

Quote:

Originariamente inviato da carlo88 (Scrivi 365311)
ok, va bene tutto ma non si può ricondurre una malattia grave come la depressione (il cui decorso porta probabilmente al suicidio) al non accettare i propri limiti, o alla ricerca spasmodica e irrisolta di un ideale, appunto irraggiungibile o comunque in conflitto con la propria persona;

il discorso può funzionare per patologie meno gravi, ma malattie come la depressione hanno motivazioni più profonde e complesse; tante volte possono essere genetiche;

Io sono d' accordo con Veleno che il conflitto (più o meno esasperato) ''interiore'' può portare a conseguenze più o meno esasperate, appunto, ma non si può neanche semplificare troppo.

Ok, però il paletto che divide il grave dal non grave dove lo mettiamo?

E' chiaro che se una persona subisce un grave lutto, piuttosto che problemi familiari magari non così pesanti ma altrettanto forti, la depressione è fisiologica.

Però se parliamo di kg in più o in meno, piuttosto che di altre stupidate, allora la depressione diventa un capriccio, capriccio che noi che bene o male stiamo bene nel senso che un tetto sopra la testa l'abbiamo, da mangiare pure, possiamo permetterci di avere.

Per capirci, il caso di una donna che perde un figlio è diverso dall'adolescente che non ha l'iphone o che non è bello/a quanto vorrebbe.

Veleno 08-07-2012 10:39 PM

La depressione non è MAI un capriccio, perchè la sofferenza è un valore strettamente individuale e relativo al contesto; in questo senso il dolore di un adolescente sovrappeso non è meno intenso, nè meno degno di rispetto di quello di una madre in lutto, anche se dall'esterno li classificheremmo su due scale diverse, ma questo importa poco; importa come ciascuno lo vive.
In comune hanno il contrasto tra reale e ideale: chi sono (o quello che gli è accaduto), e chi vorrebbero essere (o quello che avrebbero voluto accadesse).


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