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Predefinito Burro: storia e aspetti nutrizionali - 24-09-2011, 04:19 PM

Burro: storia e aspetti nutrizionali


Questi sono vari estratti di una relazione contenenti studi, sul latte vaccino,
la sua composizione e il burro, suo derivato.
In collaborazione tra l'Università di Bologna e il Consorzio del Formaggio
Parmigiano Reggiano.

“Il burro: tra passato, presente e futuro”
Reggio Emilia 15 Aprile 2010
A cura di:
Dott. Alessandro Gori, Dott. Fabio Coloretti, Prof. Giuseppe Losi


Trovate l'intero documento in questo link:
http://storage.parmigiano-reggiano.i...urro_bassa.pdf
Parmigiano Reggiano | Area Tecnica | Valore nutrizionale


Ho cercato di inserire le parti che potevano essere ben capite da tutti i
comuni cultori della materia, come me. Per chi invece è esperto, consiglio
di leggersi tutti gli studi contenuti.



La composizione del burro
La composizione del burro è praticamente uguale a quella del grasso del latte, se non viene considerata la presenza di acqua, che nel burro è di circa il 16-17% del totale (“acqua tecnologica”)
La composizione degli acidi grassi del burro è stata indicata di recente la Norme dei Grassi e dei Derivati, della Commissione Tecnica della Stazione Sperimentale delle Industrie degli Oli e dei Grassi.
Composizione degli acidi grassi del burro (NGD)

Acido grasso
%
Acido butirrico (C4:0)
3,0 – 3,5
Acido capronico (C6:0)
1,6 – 3,0
Acido caprilico (C8:0)
1,1 – 1,8
Acido caprico (C10:0)
1,8 – 3,7
Acido caproleico (C10:1)
0,2 – 0,4
Acido laurico (C12:0)
2,3 – 3,9
Acido miristico (C14:0)
8,0 – 12,0
Acido miristoleico (C14:1)
0,2 – 1,0
Acido pentadecanoico ramificato (C15 iso)
0,2 – 0,4
Acido pentadecanoico ramificato (C15 anteiso)
0,3 – 0,7
Acido pentadecanoico (C15:0)
0,2 – 1,3
Acido esadecanoico ramificato (C16 iso)
0,1 – 0,4
Acido palmitico (C16:0)
25,0 – 33,0
Acido palmitoleico1 (C16:1)
1,0 – 2,0
Acido eptadecanoico ramificato (C17 iso)
0,2 – 0,4
Acido eptadecanoico ramificato (C17 anteiso)
0,2 – 0,6
Acido eptadecanoico (C17:0)
0,3 – 0,7
Acido eptadecenoico (C17:1)
0,1 – 0,3
Acido stearico (C18:0)
9,0 – 13,0
Acido oleico1 (C18:0)
19,0 – 29,0
Acido linoleico (C18:2)
1,0 – 3,5
Acido linolenico (C18:3)
0,2 – 1,3
Acido ottadecadienoico coniugato (C18:2 coniugato)
0,3 – 1,5
Acido arachico (C20:0)
0,1 – 0,3
Acido eicosenoico (C20:1)
0,1 – 0,3


Alcune considerazioni ed ipotesi
Sulla base delle osservazioni in campi diversi del settore scientifico, emergono una serie di considerazioni, ipotesi e dubbi che si spera siano condivisi anche da altri colleghi o che siano suggerite spiegazioni plausibili, anche attraverso risultati perseguiti in future ricerche.
Il colesterolo è prodotto anche per irrigidire le membrane oppure la produzione del colesterolo, peraltro utile in tanti altri impieghi, proprio per la sua attività e presenza elevata nelle membrane deve essere contrastato con una dieta ricca di acidi grassi polinsaturi?
Ancora: una dieta varia, naturalmente ricca di acidi grassi insaturi, induce la produzione di colesterolo per la necessità di attuare un sufficiente irrigidimento delle membrane o è un effetto indotto dalla necessità di modulare la rigidità delle membrane che si è incrementata con la maggiore produzione di colesterolo (nella fase post-adolescenziale)?
Se i bambini hanno membrane ricche in acidi grassi saturi e sintetizzano poco colesterolo, è possibile che questo corrisponda alla necessità biologica normale di colesterolo, per quell’età. Qualsiasi mutamento dovuto a cambiamenti nell’alimentazione o nello sviluppo naturale dell’organismo verso la “fase riproduttiva” dell’esistenza (che richiede molto più colesterolo), provoca una maggiore produzione di colesterolo e, di conseguenza, un incremento di rigidità delle membrane. A questo punto il corpo tenta un bilanciamento desiderando e introducendo quei cibi che portano sostanze grasse insature.
Se questo fosse provato, si concluderebbe che ad ogni età esista un modo di alimentarsi che deve essere diverso, riguardo al mantenimento di un’elevata rigidità delle membrane, e quando questa diventa eccessiva per una serie di ragioni biochimico-biologiche, si è indotti a bilanciare attraverso un cambiamento della dieta.
Inoltre, l’importanza delle membrane è molto maggiore di quella che è stata loro attribuita, in considerazione delle correlazioni importanti con la salute della loro funzionalità e della loro composizione in acidi grassi (e degli antiossidanti) che tende a essere “mantenuta” nelle modalità consentite dalla natura: biologia, alimentazione e assimilazione.
Con il consumo di acido oleico, attraverso gli oli vergini di oliva, si avrebbe una modulazione della fluidità della membrana più graduale e, essendo gli oli vergini (meglio gli extravergini) di oliva ricchi in antiossidanti (fenolici e polifenolici), essi sarebbero anche utili ad aumentare il patrimonio antiossidante che con gli acidi grassi insaturi è sempre comunque utile. Gli acidi grassi in configurazione trans, avendo una struttura più lineare di quelli in configurazione cis, sono più alto-fondenti e questo comportamento viene trasferito ai gliceridi che li contengono.
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Breve storia del burro nell’alimentazione umana e recenti acquisizioni sugli aspetti nutrizionali ed extra-nutrizionali

Lunga è la storia del burro, anzi la sua preistoria, perché si fa risalire all’inizio della domesticazione degli animali da latte, anche se con una contrapposizione ai latti fermentati. In modo molto schematico si ritiene che la vasta area della domesticazione degli animali produttori di latte, fin dai primordi sia stata inizialmente divisa in due sottoaree: a meridione ed in ambito della fertile mezzaluna la temperatura elevata ha favorito lo sviluppo dei latti acidi; a settentrione il clima freddo ha favorito la produzione e l’utilizzo del burro.
Nella Naturalis Historia (libro XXVIII) Plinio il Vecchio scrive che dal latte si ricava il burro e che questo è l’alimento più raffinato, e non soltanto un
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Giovanni Ballarini, Professore Emerito, Università degli Studi di Parma.
condimento, dei popoli barbari: un prodotto alimentare il cui consumo distingue i ricchi dai poveri (E lacte fit et butyrum, barbararum gentium lautissimus cibus et qui divites a plebe discernat). Il burro, condimento di lusso e grasso di élite dei popoli settentrionali, definiti “barbari”, si contrappone all’olio d’oliva in uso presso i romani ed i greci, popoli “civili”. Nell’antichità la contrapposizione olio/burro era costantemente rappresentativa di un contrasto tra civiltà e barbarie. Riferendosi ai montanari dei Pirenei, Strabone con disprezzo afferma che “il burro serve loro da olio”.
[...]
Oltre alla possibilità di usare il burro al posto dell’olio e d’altri grassi, molte proprietà medicinali gli sono ascritte: dalle malattie respiratorie da raffreddamento al catarro ed alla tosse; dalle scottature alla cura dei foruncoli; dall’azione benefica sulle gengive e di rendere più fermi i denti alle screpolature delle labbra ed infiammazioni della bocca; dalla capacità di far sputare, fino all’attività contro il veleno di vipere ed aspidi, senza dimenticare le benefiche attività quando è spalmato sul corpo. Nell’alimentazione è sottolineata la sua capacità di sostituirsi all’olio, ma anche di essere utilizzato nelle decorazioni dei piatti e come medicamento.

Antropologia darwiniana dei grassi
Nell’uomo vi è il comportamento fisso di ricerca del grasso, in quanto fonte d’energia, anche se oli e grassi non sono alimenti naturali e sono stati sviluppati dalla cultura umana. Oli e grassi sono alimenti culturali, il cui uso eccessivo e squilibrato porta a patologie, prima di tutte obesità e sovrappeso con tutte le nefaste conseguenze. Può sembrare impossibile, ma oli e grassi non sono alimenti naturali nel senso che, come tali non si trovano in natura. In gran parte sono stati sviluppati dalla cultura umana. Sono quindi più alimenti culturali. I grassi sono stati inventati dall’uomo, che soltanto qualche migliaia d’anni fa ha imparato ad estrarli, alcuni dai vegetali (ad esempio dalle olive) o da talune parti o produzioni animali (ad esempio lo strutto ed il burro). Nella sua alimentazione naturale e durante il 99% della sua presenza sulla terra, l’uomo ha cercato ed apprezzato soltanto alimenti contenenti quantità più o meno elevate di grassi, come carni grasse e frutta oleose ad esempio olive, noci, mandorle, nocciole ecc., ma non i rispettivi oli. L’olio d’oliva noto era ben noto nell’area mediterranea fin dall’antichità, quando era usato come medicinale, cosmetico o combustibile nelle lampade e meno come alimento, se non dai più ricchi. Altri oli, ad esempio quelli di mais, arachide, girasole, vinaccioli, sono entrati nell’alimentazione umana solo quando l’industria é riuscita ad estrarli ed a purificarli.

I grassi strutturali
I grassi presenti negli alimenti naturali sono intimamente connaturati con altri componenti alimentari, sono grassi strutturali e per questo sono in buon equilibrio con le proteine e gli amidi degli alimenti; questo é una garanzia contro eventuali eccessi. All’opposto i grassi e gli oli puri, inventati dall’uomo e creati dall’industria, per il loro alto valore energetico (un grammo di grasso, pur essendovi diversità nella percentuale che è digerita, apporta in media 8,5 chilocalorie), e per la loro alta disponibilità ad un prezzo spesso basso che ne favorisce un uso eccessivo, possono indurne un cattivo impiego e provocare inconvenienti nutrizionali, dietetici e sanitari anche gravi.

Tanti oli e grassi
Dal 1800 si è iniziato a comprendere la complessità dei grassi o lipidi e che non differiscono tanto per l’energia (i grassi e gli oli hanno un potere energetico che varia con la loro digeribilità e si aggira su circa 8,5 chilocalorie per grammo), quanto per il tipo di molecole di cui sono costituiti. Una classificazione chimica molto semplice distingue i grassi in saturi (non reagiscono bene con l’ossigeno) ed insaturi e polinsaturi (si ossidano facilmente). La pura classificazione chimica è insufficiente, da quando è stato scoperto che molti acidi grassi alimentari sono modificati ed elaborati dall’organismo, anche in rapporto al tipo di dieta, stile di vita ecc. Ad esempio nell’uomo, l’acido stearico di cui è ricco il grasso bovino, é trasformato in acido oleico tipico dell’olio d’oliva. Con uno stile di vita attiva sono maggiormente utilizzati gli acidi grassi saturi ed il colesterolo. Importante é avere stabilito che i grassi non hanno soltanto una funzione energetica, ma anche insostituibili funzioni plastiche o costruttive dell’organismo. Per questo motivo alcuni acidi grassi, come già indicato, devono essere necessariamente introdotti con l’alimentazione (Acidi Grassi Essenziali - AGE), come l’acido linoleico e l’alfa-linolenico e probabilmente gli acidi arachidonico e cervonico. Per una corretta dieta sono importanti le significative differenze che esistono tra i grassi estratti da animali e vegetali e quelli strutturati presenti nelle carni, latte o diversi semi oleaginosi (olive, noci, soia, arachide, ecc.) o granaglie (mais, ecc.). Negli alimenti grassi od oleaginosi, a parte la citata coesistenza equilibrata con proteine ed amidi, la digeribilità dei grassi è diversa e calibrata con l’attività digestiva. Molto diverso è l’effetto di un olio che arriva tal quale, anche se mescolato agli alimenti, nello stomaco, o che invece per l’azione digestiva dello stomaco viene lentamente e gradualmente liberato da carni, olive o noci che lo contengono in forma strutturata e che arriva come grasso od olio libero a livello intestinale, dove trova gli enzimi adatti per una sua digestione. Negli alimenti grassi e molto meno nei grassi ed oli da questi derivati sono presenti altri nutrienti come i fosfolipidi, le lecitine, il colesterolo, che in opportuna quantità deve essere presente nella dieta, alcune vitamine liposolubili (soprattutto E ed A), fitormoni, ecc.

Rischi e virtù dei grassi
Tutti i grassi al tempo stesso sono buoni e cattivi. O, meglio, sono ben o mal usati. Un grasso è spesso cattivo in quanto mal usato ed in eccesso rispetto al fabbisogno energetico.
Nell’uomo paleolitico e nell’uomo agricoltore era difficile avere un eccesso di grassi. Il tipo di vita attiva con forte lavoro muscolare, ammetteva una sostanziosa quantità d’acidi grassi saturi, senza alcun significativo inconveniente. Con un’alimentazione in gran prevalenza basata su grassi strutturali era difficile avere squilibri con eccessi di grassi. Da quando abbiamo a disposizione i grassi e gli oli puri e non soltanto strutturati, non é soltanto quello della quantità, ma anche della qualità. [...]
Per la paura dei grassi e riducendoli drasticamente nell’alimentazione, oggi rischiamo una carenza di grassi, dimenticando che alcuni sono necessari per la vita, la salute, l’equilibrio psicofisico e per la bellezza del corpo. Una carenza di grassi nella dieta, nei paesi sottosviluppati avviene per mancanza d’alimenti e, nei paesi industrializzati, per l’uso di cibi troppo purificati o di diete squilibrate ed uniformi. Per un buono stato di salute vi è la necessità di introdurre con l’alimentazione taluni acidi grassi essenziali (AGE): ogni giorno un uomo adulto deve assumere almeno dieci grammi d’acido linoleico, due grammi d’acido alfa-linolenico e quantità ancora non ben definite d’acido arachidonico e d’acido cervonico. Rischiano una carenza d’AGE coloro che seguono una dieta, carnivorana, vegetariana o vegana, con poco olio o grasso, o soltanto di un unico tipo e soprattutto coloro che non privilegiano alimenti animali e vegetali contenenti grassi strutturati. Le carni magre contengono acidi grassi essenziali di tipo insaturo molto utili per una corretta alimentazione e in questi ultimi tempi vi é stata un’evoluzione favorevole di molte carni, tra le quali quella di maiale, per quanto riguarda l’acido oleico e l’acido linoleico. Anche degli acidi grassi insaturi non bisogna abusare ed un’alimentazione ricca d’acido linoleico favorisce la formazione di calcoli biliari ed altri disturbi. Anche per i grassi vale il concetto dell’equilibrio alimentare e del est modus in rebus.
Quale grasso usare nell’alimentazione? A parte le spinte pubblicitarie per questo ogni categoria di produttori vorrebbe che fosse utilizzato soltanto o prevalentemente il suo grasso od olio (strutto, olio di oliva o di mais, ecc.), vi sono alcune regole che oggi sono chiare e devono essere seguite per una sana alimentazione.
1 - In una dieta equilibrata sono da privilegiare i grassi strutturali, di tipo animale e vegetale.
2 – Limitare l’uso dei grassi accumulati negli organi d’animali, in particolare nelle frattaglie (ad esempio fegato, rognoni, ecc.).
3 - I grassi od oli, anche se genuini e naturali, devono essere aggiunti alla dieta in quantità opportune e non eccessive, integrando quelli strutturali senza sostituirli.
4 - Privilegiare un uso crudo degli oli ed usare preferibilmente quelli ricchi di acidi grassi insaturi ed essenziali.


QUANTITA’ (GRAMMI) DI OLIO O GRASSO NECESSARIO PER COPRIRE IL FABBISOGNO GIORNALIERO DI ACIDI GRASSI ESSENZIALI DI UN UOMO ADULTO = N.B. La quantità di grassi, in una dieta equilibrata, non deve superare il 30% delle calorie (25% nei sedentari), pari a 1000-625, calorie che corrispondono a 115-75 grammi di olio o grasso il giorno.
OLIO O GRASSO
ACIDO LINOLEICO-AC.ALFA- LINOLENICO
OLI VEGETALI
ARACHIDE
38-2.000
MAIS
20-200
OLIVA
107-370

SOIA
19-24
VINACCIOLO
15-400
SEMI VARI
18-66
MARGARINA
100-200
GRASSI ANIMALI
BURRO
535-160

LARDO
132-===
STRUTTO
117-571


[...]
In un’analisi evoluzionista darwiniana, i grassi della carne sono stati esaminati da Eaton (1998) che hanno studiato l’introduzione alimentare d’acidi grassi polinsaturi a lunga catena nella dieta paleolitica umana. Broadhurst (1997) ha considerato l’uso alimentare bilanciato dei trigliceridi naturali sotto la prospettiva nutrizionale ed evoluzionista. In quest’ultima prospettiva, gli alimenti naturali contengono una gran varietà di grassi strutturali, di tipo polinsaturo, monoinsaturo e saturo e quindi è difficile giustificare un’alimentazione che non contenga un’equilibrata miscela di trigliceridi e di fosfolipidi (Britton M., Fong C., Wickens D., 1992). Nessun grasso naturale è intrinsecamente buono o cattivo, ma può diventarlo la loro proporzione od associazione. Da un punto di vista evoluzionista bisogna raccomandare una grande varietà di grassi, sotto il profilo della loro struttura, grado di saturazione, lunghezza delle catene. Gran parte delle patologie connesse allo squilibrio tra grassi polinsaturi del tipo n-3/ n/6 sono dovuti all’uso dei cereali in alimentazione umana e degli animali produttori d’alimenti per l’uomo ed i processi di raffinazione degli alimenti che n’amplificano le conseguenze. Altrettanto importanti sono i processi di lavorazione e di raffinazione in quanto numerosi composti fitochimici presenti negli oli non raffinati e vegetali oleosi, svolgono un’importante protezione contro la perossidazione dei grassi e malattie croniche.
La voglia di grasso, soprattutto quello animale, ricco d’acidi grassi saturi e di colesterolo é adeguato ad uno stile di vita molto attiva, e gli acidi grassi saturi ed il colesterolo sono preferibilmente mobilizzati ed utilizzati nel lavoro muscolare. Una riduzione di questi componenti è necessaria per stili di vita di tipo sedentario.

Attività extra-nutrizionali del burro
Gli alimenti, oltre alle caratteristiche tipicamente nutrizionali (apporto di energia, proteine, vitamine e sali minerali, ecc.) quasi costantemente posseggono anche caratteristiche che superano o esulano la nutrizione, che non raramente sconfinano in effetti farmacologici (ad esempio alimenti nutraceutici) con attività di tipo nervoso, ormonale, immunitario, ecc. che, nel loro insieme e varietà, sono dette attività extra-nutrizionali. Per queste attività, in quanto capaci di indurre modificazioni dirette e soprattutto indirette di tipo psichico, si parla di attività psicodietetiche.
Nel burro vengono oggi individuate alcune attività extranutrizionali (per il particolare tipo di alimento definite anche “extraenergetiche”) ed in particolari le seguenti.
• Azione antinfettiva, tramite una migliore immunità • Attività psicodietetiche
• Attività anticancerogene
• Attività ormonali, dirette ed indirette.
Le singole attività extranutrizionali considerate tendono a potenziarsi a vicenda, per cui il risultato è di norma superiore alla somma dei singoli effetti. Buona parte di queste attività sono collegate alla quota lipidica ed in particolare agli acidi grassi, oltre che al colesterolo.
Oggetto della presente esposizione è di focalizzare l’attenzione su alcuni recenti acquisizioni riguardanti alcune attività extranutrizionali (extraenergetiche) di tipo salutistico del burro.

Attività antinfettive del burro
Ci si è più volte domandato perchè durante le malattie infettive si dimagrisce, Si è anche visto come recenti ricerche abbiano dimostrato che quando il Sistema Immunitario viene stimolato da un’infezione od anche da una semplice vaccinazione, vi sono modificazioni del metabolismo (febbre, riduzione dell’appetito, perdita di proteine e soprattutto di quelle muscolari) che fanno calare di peso, mentre nei bambini e nei giovani vi è anche una riduzione dell’accrescimento corporeo. Una delle cause che negli ultimi cinquanta anni, nei paesi sviluppati, ha indotto un aumento della statura media della popolazione senza dubbio è stata la riduzione degli attacchi infettivi, associata però ad un’alimentazione capace di contrastare gli sfavorevoli effetti metabolici conseguenti alla stimolazione del Sistema Immunitario.
Il burro contiene vitamine liposolubili (A, D, E) importanti per le reazioni immunitarie.
Recenti studi, come recentemente ha affermato Michael PARIZA del College of Agricultural & Life Sciences dell’Università del Wisconsin- Madison (USA), dimostrano l’importanza dell’Acido Linoleico Coniugato (ALC) nella prevenzione del calo di peso da infezioni e da stimolazione del Sistema Immunitario.
Il termine di Acido Linoleico Coniugato (ALC) viene usato per identificare i diversi isomeri dell’acido linoleico: i doppi legami coniugati sono usualmente quelli in posizione 9 e 11 o 10 e 12.
E’ oggi noto che l’acido linoleico ed in particolare l’ALC, noto anche per le sue Attività Anticancerogene e le sue Proprietà Antiossidanti, svolgono anche azioni di Protezione Metabolica in caso di infezioni, vaccinazioni e stimolazione del Sistema Immunitario. L’acido linoleico è inoltre un composto naturale diffuso negli alimenti di origine animale prodotti dai ruminanti come il latte, i latticini ed il burro, oltre e la carne bovina.
Le quantità di acido linoleico necessarie per ottenere gli effetti desiderati sono dell’ordine di qualche grammo il giorno, una quantità che può essere ottenuta con una dieta che contenga buone quantità di carne di bovina o di latte intero o di burro di mucca. Le stesse quantità esercitano anche una buona azione antiossidante ed anti-cancro.

Attività ormonali del burro
Le attività ormonali del burro sono di tipo diretto ed indiretto.
Le attività ormonali dirette derivano soprattutto dagli ormoni naturali, di tipo liposolubile e soprattutto di tipo steroideo (estrogeni, progestinici ecc.) e dai fitormoni presenti nell’alimentazione del bestiame.
Le attività ormonali indirette sono da collegare soprattutto ad alcune vitamine liposolubili (in particolare Vitamina D) ed al colesterolo, in quanto base biochimica degli ormoni steroidei (ormoni sessuali, corticosteroidi, ecc.).
Attività psico-dietetiche del burro
Oltre ad apportare energia, i grassi hanno altre due principali funzioni alimentari.
a) Partecipano in modo attivo alla costruzione dell’organismo e soprattutto delle membrane cellulari.
b) Hanno un ruolo essenziale a livello del sistema nervoso, soprattutto di quello centrale, (cerebrale), particolarmente nella fase del suo sviluppo. L’azione costruttiva dei grassi si svolge soprattutto nella membrana che delimita ed avvolge ogni cellula. Le membrane delle cellule sono costituite da un aggregato di lipidi (o grassi) e proteine. I Fosfolipidi rappresentano il 50-60 % dei lipidi di membrana, mentre il 20% è costituito da Colesterolo. Più di un terzo degli Acidi Grassi dei Fosfolipidi di membrana è costituito da Acidi Grassi Essenziali (AGE) di origine alimentare, con particolare preminenza degli Acidi Linoleico ed Alfa-linolenico. Una cellula di misura media contiene, nella sua membrana, almeno tredici miliardi di molecole lipidiche. Una membrana cellulare ricca di Acidi Grassi Insaturi è elastica, fluida, flessibile e dinamica e rende la cellula attiva e sana.
I grassi di membrana, detti anche strutturali sono estremamente importanti nell’alimentazione ed in una dieta equilibrata dovrebbero coprire gran parte del fabbisogno lipidico, soprattutto nei bambini e giovani in accrescimento. Oggi, sempre più, si pensa che analoghe necessità vi siano nella terza età.
Una carenza di Acidi Grassi Essenziali provoca gravi alterazioni dell’organismo, fino alla morte. Tutti gli organi sono interessati, ma particolarmente evidenti sono le alterazioni della pelle che diviene secca, fragile e facile preda ad infezioni o parassitosi; aumenta anche la recettività alle infezioni.
Azioni a livello cerebrale dei grassi.
Tra gli organi che soprattutto durante il loro sviluppo risentono di carenze di Acidi Grassi Essenziali vi è il cervello, come anche recentemente è stato studiato Jean-Marie BOURRE, Direttore dell’Istituto Nazionale Francese per le Ricerche Mediche.
Il cervello è l’organo in assoluto più ricco di grassi. Come tutto il sistema nervoso, per circa la metà (escludendo l’acqua) il cervello è costituito da grassi, anche se ricava l’energia prevalentemente dallo zucchero (glucosio) che gli arriva con il sangue.
Nel cervello sono presenti diversi tipi di grassi, ma soprattutto taluni lipidi elementari e molti lipidi complessi.
Tra i lipidi elementari del cervello vi è il Colesterolo che controlla la fluidità delle membrane delle cellule. Se un eccesso di colesterolo rende difficoltoso il funzionamento delle cellule nervose, lo stesso vale per una sua scarsità. Gran parte dei lipidi complessi presenti nel cervello è costituita da Fosfolipidi e Sfingolipidi, che contengono acidi grassi saturi e monoinsaturi. Alcuni di questi acidi grassi devono essere introdotti dall’esterno, come gli acidi Lignocerico, Linoleico ed Alfa-linolenico. I lipidi complessi del cervello hanno funzioni prevalentemente strutturali ed è ovvio che un cervello mal costruito non può funzionare bene.
Una carenza degli acidi polinsaturi alimentari è particolarmente grave nel periodo dello sviluppo cerebrale, immediatamente dopo la nascita e nei primi anni di vita. Per questo il latte umano contiene rilevanti di Acido Alfa-linolenico e del suo derivato Acido Cervonico. Per fornire questi acidi grassi essenziali per tutto il periodo di massimo sviluppo cerebrale del bambino, l’allattamento veniva protratto fin verso i quattro anni, quando il cervello si era ben formato. Purtroppo oggi i latti artificiali non contengono quantità sufficienti di tali acidi grassi, tanto che alcuni sostengono che la carenza che ne deriva possa ridurre il Quoziente Intellettuale ed indurre o predisporre a turbe intellettuali e comportamentali persistenti. Gli stessi acidi grassi necessari per lo sviluppo cerebrale del neonato e del bambino sembrano lo siano anche nel resto della vita, ma soprattutto nella vecchiaia nella quale pare siano importanti per il mantenimento di una completa efficienza intellettuale.

Colesterolo ed intelligenza
Oggi ci si sta accorgendo dei rischi di un colesterolo “basso”! Da tempo era stato segnalato il collegamento tra i bassi livelli di colesterolo nel sangue e la riduzione della produzione degli ormoni steroidei e tra questi anche quelli sessuali (vedi Attività Ormonali).
Recentissime indagini di un gruppo di ricercatori del Centro di Ricerca sulla Nutrizione del Bambino di Huston, dell’Università di Praire (USA) e dell’INRA francese, guidati da P.A. Schoknecht, hanno stabilito che nel giovane maiale, una specie animale vicina all’uomo, bassi livelli di colesterolo alimentare hanno un’influenza negativa sullo sviluppo del cervello e sul comportamento. Un risultato che è stato correlato al fatto che il colesterolo è un importante ed abbondante componente del cervello e soprattutto della mielina, che si forma nella vita neonatale.
Se si riportano all’uomo i risultati di queste ricerche, che confermano quanto era stato già visto sui topi, risulta l’importanza che il bambino sia nutrito al seno con un latte molto ricco di colesterolo e di acidi grassi essenziali e che successivamente abbia un’alimentazione con cibi di origine animale adeguatamente dotati di colesterolo.
Il latte di donna è, infatti, più ricco di colesterolo che non quello di altri animali (in particolare di quello di mucca) e del latte artificiale. Il bambino inoltre, per il suo grande sviluppo cerebrale che si prolunga fino ai quattro, cinque anni di età, ha necessità di buone quantità di colesterolo alimentare.
Attualmente l’allattamento al seno è stato fortemente abbreviato, ma è sempre necessario assicurare al neonato e poi al bambino una sufficiente quantità di colesterolo alimentare, indispensabile per un regolare sviluppo del cervello. In base alla necessità di colesterolo alimentare del bambino è stato anche interpretato il più alto Quoziente di Intelligenza nei bambini alimentati con latte materno (ricco di colesterolo), in confronto di quello dei bambini alimentati con latte artificiale (povero di colesterolo).
Anche dopo lo svezzamento, il bambino, il cui cervello non si è ancora completamente sviluppato ed i processi di apprendimento sono ancora in piena attività, necessita di un’alimentazione con cibi che contengono colesterolo. A questo riguardo, il burro risulta particolarmente indicato.
E’ utile ricordare che i grassi sono indispensabili in ogni dieta equilibrata, nella quale non devono fornire più del 30-35% delle calorie totali. Molti dei problemi attribuiti ai grassi (ed al colesterolo) derivano da un loro eccesso, più che dalla loro qualità.
In relazione al Problema Colesterolo, strettamente legato ai grassi ed oggi tanto temuto, bisogna ricordare alcuni punti fermi riportati in una tabella. Come anche recentemente ha sottolineato il Prof. E. Turchetto dell’Università di Bologna, per il latte ed i suoi derivati, ivi compreso il burro, non viene sempre tenuto conto dei seguenti punti, validi per le persone normali. Una significativa quota di grassi del latte e quindi dei suoi derivati, quindi anche del burro, è di tipo insaturo od a corta catena e quindi sono grassi buoni.
I grassi del latte e prodotti derivati sono soltanto una parte di quelli introdotti, sia di origine animale che vegetale.
La quantità di colesterolo normalmente ammessa nell’alimentazione di persone sane è di 300 mg, quanto ne è contenuto il oltre 2 litri di latte intero, o 300 grammi di formaggio, od in 120 grammi di burro.
La sostituzione del burro normale con burro senza colesterolo (od olio vegetale) nella dieta degli italiani porterebbe ad una diminuzione media del colesterolo nel sangue dello 0,6% (vale a dire che se nel sangue vi sono 250 milligrammi, questi diverrebbero 248 per 100 millilitri). Una diminuzione di scarsissimo significato pratico.
Quando il contenuto di grasso totale di una dieta è basso (non superiore al 30% delle calorie totali) l’effetto del burro sul colesterolo del sangue è minimo, anche se è l’unico grasso alimentare.
Nella maggior parte degli individui il colesterolo alimentare influenza in minima parte la sua quantità nel sangue, perchè l’organismo dispone di efficienti meccanismi che controllano la produzione di colesterolo. In altri termini, se si ingerisce poco colesterolo l’organismo ne fabbrica molto e quando se ne introduce molto l’organismo riduce la sua produzione.
In generale la capacità del colesterolo alimentare di aumentare quello del sangue, è stata eccessivamente sottolineata. Tuttavia esistono individui con scarse capacità di adattare la loro produzione di colesterolo, per cui ad un aumento della sua assunzione segue un incremento della sua quantità nel sangue. In questo caso bisogna modificare la dieta. In questi individui è molto importante una riduzione delle calorie della dieta, ad incominciare da quelle portate dai grassi, soprattutto quelli che contengono quote più o meno elevate di acidi grassi saturi.

ALCUNI PUNTI FERMI SU COSIDDETTO “PROBLEMA COLESTEROLO”
• La quantità di colesterolo alimentare è solo una parte di quello che ogni giorno viene prodotto dall’organismo.
• Nelle persone sane esistono degli efficaci meccanismi di controllo e quando aumenta l’introduzione di colesterolo con gli alimenti, diminuisce la sua produzione endogena e vice-versa.
• Non tutto il colesterolo alimentare viene assorbito ed il tipo di dieta influisce sulla quantità di colesterolo non utilizzato ed eliminato con le feci.
• Diete iperenergetiche e ricche di grassi (soprattutto saturi) favoriscono l’assorbimento del colesterolo.
• Gli acidi grassi polinsaturi contrastano l’aumento del colesterolo nel sangue.
• Diete equilibrate come energia e con sufficienti quantità di fibra alimentare riducono l’assorbimento del colesterolo.
• Alcuni alimenti contengono fattori anticolesterolici, ad esempio le saponine delle leguminose (fagioli, ecc.) od altri composti della soia.
• Molto importante per il metabolismo del colesterolo e quindi per il suo tipo (“buono” o “cattivo” nel sangue) è la presenza nella dieta di sufficienti quantità di Fosfolipidi (lecitine). Quando nella dieta i Fosfolipidi sono abbondanti rispetto al Colesterolo, si ha formazione di colesterolo HDL o buono.
• Nel latte sono contenute elevate quantità di Fosfolipidi, che in parte si mantengono anche nel burro.
Attività anticancerogene del burro
Le attività anticancerogene dei grassi del latte bovino, costituenti del burro, sono state oggetto di una rassegna da parte di PARODI (1997), con particolare riguardo all’Acido Linoleico Coniugato, (CLA), Sfingomieline e loro metaboliti, Acido Butirrico, Eteri Lipidici. Cope e coll. (1996) hanno invece studiato l’azione protettiva del burro nei riguardi della protezione della cute dalla radiazione ultravioletta. A queste due pubblicazioni si rimanda per ulteriori precisazioni.

Tumori ed alimentazione
Negli ultimi venticinque anni il quadro dei tumori umani è notevolmente cambiato e soprattutto diversi tipi e localizzazioni tumorali sono diminuite di frequenza. Sono anche migliorate le conoscenze sulla loro eziologia che oggi viene stimata multifattoriale. In questo ambito una rilevante importanza ha indubbiamente l’alimentazione.
Oggi circa il 35% dei tumori (dal 20 al 60% a seconda del tipo o localizzazione) sono ritenuti dipendere, in toto od in parte, dall’alimentazione. Tuttavia oggi all’alimentazione viene anche attribuito un ruolo di prevenzione. Negli alimenti, infatti, accanto a principi dotati di attività cancerogena o co-cancerogena, sono stati individuati principi con attività anti-cancerogena diretta, indiretta o protettiva.
Oggi, un obiettivo ritenuto prioritario, è quello di modulare l’alimentazione riducendo il rischio cancerogeno e contemporaneamente aumentando la protezione anticancerogena. In questo quadro, tuttavia, le diverse classi di alimenti sembrano essere state valutate in modo difforme, sulla base anche di indagini epidemiologiche spesso grossolane.
Per gli alimenti vegetali si sono enfatizzate le attività anticancerogene, troppo spesso trascurando o sottacendo quelle cancerogene, anche se di rilevante importanza, forti ed evidenti, ad incominciare dalle micotossine presenti in questi alimenti.
Per gli alimenti di origine animale, al contrario, si sono spesso enfatizzate le attività cancerogene, spesso soltanto presunte, sottacendo o sorvolando sulle molteplici ed indubbie attività anticancerogene e protettive di questi alimenti.
In questo sia pur sommario quadro si sono inoltre eseguite schematizzazioni quanto mai dubbi e per lo meno eccessive, arrivando ad una concezione manichea dell’alimentazione che ad esempio separa i grassi vegetali (definiti ed accettati come “buoni”) da quelli animali (condannati come “cattivi”).
Ogni alimento, sotto il profilo del rischio cancerogeno o delle sue attività anticancerogene, deve essere esaminato sulla base di precisi elementi sperimentali, evitando ogni preconcetto od ideologia. Un’impostazione questa che oggi viene sempre più applicata e che porta a sorprese e non raramente a più o meno completi rovesciamenti di fronte, sfatando e dimostrando errate idee largamente diffuse, che non avevano altra giustificazione se non quella di... essere largamente diffuse.
Un caso esemplare che sta venendo alla luce è quello del burro, un alimento di origine animale che in un recente passato è stato criminalizzato e demonizzato, spesso anche per favorire il consumo di grassi vegetali. Numerose e recenti ricerche, infatti, stanno dimostrando che il grasso del burro contiene numerosi componenti con potenzialità anticancerogene che vengono schematicamente considerate in questa esposizione.

Componenti anticancerogeni del burro
Diversi sono i componenti del grasso del burro con caratteristiche anticancerogene: i più importanti sono: acido linoleico coniugato, sfingomieline, acido butirrico, eteri lipidici, fattori anticancerogeni non identificati.
Acido linoleico coniugato.
Il termine di Acido Linoleico Coniugato (ALC) viene usato per identificare i diversi isomeri dell’acido linoleico: i doppi legami coniugati sono usualmente quelli in posizione 9 e 11 o 10 e 12. Il latte è l’alimento che contiene la maggiore quantità di ALC e questo viene inoltre concentrato nel burro (Lin H., Boylstoin T.D., Chang M.J. et alii, 1995).Un altro alimento che contiene ALC, sia pure in minori concentrazioni, è la carne magra di bovino. In entrambi i casi, l’ALC deriva dalle fermentazioni che avvengono nel rumine, in particolare quelle provocate dal batterio ruminale Butyrivibrio fibrisolvens. Il grasso del latte bovino contiene da 8,6 a 100 micromoli per grammo di ALC.
Diverse ricerche sperimentali dimostrano che l’ALC inibisce l’azione di potenti cancerogeni e tra questi anche quelli che si generano per attività del calore (ad esempio grigliatura delle verdure e carni) ( Ip C., Briggs S.P, Haegele A.D., Thompson H.J. et alii – 1996; Liew C., Schut H.A.J., Pariza M.W., et alii, 1995). Sempre da ricerche sperimentali risulta che l’ALC ha un’azione protettiva nei tumori del colon e della mammella. Ricerche in vitro indicano un’attività protettiva anche verso il melanoma. L’ALC agisce come anticancerogeno con diversi meccanismi già individuati, ma soprattutto come antiossidante.
Per quanto riguarda l’alimentazione umana, in base ad estrapolazioni dei risultati ottenuti negli animali, si ritiene che per avere un’azione anticancerogena sia necessaria una quantità di un grammo di ALC ogni chilogrammo di alimento, una quantità che può essere ottenuta con una dieta che contenga latte intero o burro. E’ anche interessante che le donne di popolazioni che consumano latte bovino e suoi derivati hanno, nel loro latte, il doppio di ALC di quello delle donne nella cui dieta il grasso di latte è assente o molto ridotto.
Sfingomieline.
Le sfingomieline sono fosfolipidi componenti della parete cellulare che si trovano nel latte bovino (0,2 - 1,0 grammi per 100 grammi di lipidi totali). Dalle sfingomieline derivano diversi metaboliti biologicamente attivi e soprattutto la sfingosina ed il ceramide che hanno caratteristiche anticancerogene messe in evidenza anche negli animali e nei riguardi del tumore del colon (DillehaY D. L., Webb S. K., Schmelz E. M. et alii, 1994).
Acido butirrico e Butirrato. Tipico componente del grasso del latte dei ruminanti è l’acido butirrico ed i suoi derivati (butirrato).
Il butirrato è un potente inibitore della proliferazione in linee di cellule cancerose, si è anche vista un’attività preventiva nella diffusione metastatica dei tumori. Queste attività antitumorali dell’acido butirrico sembrano particolarmente attive a livello del colon, dove tale acido svolge anche un’attività di stimolo delle cellule normali.
Il butirrato, aggiunto alla dieta di animali, previene tumori mammari ed adenocarcinomi indotti da cancerogeni. Anche per questo il butirrato è stato usato nella terapia dei tumori dell’uomo.
Eteri lipidici. Alchilgliceroli ed alkilglicerolfosfolipidi e loro derivati, presenti nel grasso del latte bovino e di conseguenza nel burro, hanno attività anticarcerogena.
Fattori anticancerogeni non identificati
Nel latte sono presenti altri fattori anticancerogeni non necessariamente collegati alla parte grassa: infatti, le proteine del latte, il calcio e soprattutto i batteri lattici hanno attività anticancerogene che non sono sempre facile distinguere da quelle del grasso.
Nel latte possono essere presenti sostanze anticancerogene contenute nell’alimentazione degli animali, ed in particolare i beta-caroteni dotati di attività antiossidante, che si concentrano nel grasso e quindi nel burro. Altri componenti ad azione anticancerosa, presenti negli alimenti dei bovini e che passano nel latte e nel burro, sono: il gossipolo presente nel seme di cotone; l’isoprenoide-beta-ionone (o beta-ionone) contenuto nell’erba medica. Non bisogna tuttavia dimenticare che nell’alimentazione dei bovini possono essere presenti anche cancerogeni, ad esempio quello della felce presente nei pascoli (ma non nei foraggi coltivati) e comunque non liposolubile e quindi assente nel burro.
Burro e prevenzione dei tumori.
Oltre a quanto sopra brevemente indicato, in letteratura vi sono diversi studi che dimostrano come, negli animali d’esperimento e soprattutto in quelli esposti all’azione di cancerogeni, il grasso del latte (burro) ha un’azione protettiva e quindi preventiva significativamente superiore alle margarine od ai grassi vegetali, anche di quelli ricchi di acidi grassi polinsaturi.
Lo stesso risultato protettivo e preventivo del grasso del latte (burro) lo si è visto anche nei riguardi dei tumori spontanei (Knekt P., Jarvien R., Seppanen R. et alii 1996).
Tutti gli studi che sono stati eseguiti indicano che non solo un’alimentazione con latte, ma soprattutto con il suo grasso (burro), diminuisce il rischio cancerogeno ed aumenta le difese anticancerogene, coeme quelle riguardanti l’azione dei raggi ultravioletti (Cope R.B., Bosnic M., Boehn- Wilcox Ch. et alii, 1996).
Risultati questi che non si ottengono - e lo dimostrano indagini sperimentali comparative - con altri grassi, come le margarine ed i grassi vegetali. Una conclusione, quella ora enunciata, che deve portare a rivalutare l’uso del grasso del latte, anche sotto forma di burro, ovviamente nell’ambito di una dieta equilibrata e correlata al fabbisogno energetico, nella dieta umana, con particolare riguardo alla fascia di età con maggiore rischio cancerogeno (seconda e terza età).
Una conclusione inoltre che non dovrebbe stupire, se si considera che il latte, con il suo grasso (dal quale deriva il burro) è un alimento che è il risultato di una selezione naturale durata oltre centocinquanta milioni di anni. Una selezione che non poteva dare che risultati positivi, come quelli ora indicati, e sui quali si basa un ELOGIO DEL BURRO e non una sua irrazionale demonizzazione, senza alcun preciso motivo, come recentemente abbiamo dovuto costatare, soprattutto dopo quanto è stato chiarito a proposito del colesterolo alimentare.

Conclusioni
Da quanto esposto, di particolare interesse risulta la composizione della quota lipidica del burro ed in particolare il quadro degli acidi grassi. Per quanto poi riguarda il tanto criminalizzato colesterolo del burro, oggi è ben noto che questo componente è in un corretto rapporto con le lecitine, con rapporti ottimali alla produzione, in persone sane, di colesterolo HDL e quindi “buono”.
Di particolare interesse sono le attività psicodietetiche che oggi vengono riconosciute ad alcuni componenti del burro.
Estremamente importanti sono recenti indagini che indicano come i grassi del burro hanno una rilevante attività anticancerogena preventiva. Di pericolare rilievo sono i seguenti componenti: acido linoleico coniugato, sfingomieline, acido butirrico, eteri lipidici, fattori anticancerogeni non identificati. L’attività di prevenzione anticancerogena, anche in base ad indagini sperimentali, è particolarmente evidente su neoplasie dell’apparato digerente e della mammella.
La rivalutazione non solo nutrizionale, ma anche salutistica del burro e quindi la possibilità di intesserne un elogio, su basi scientifiche e non soltanto tradizionali, non deve stupire in quanto il burro è la componente di un alimento, il latte, che come tale è stato “creato” dalla natura in una selezione di oltre sessanta milioni di anni e che ha portato al successo la vastissima classe dei mammiferi, di cui anche l’uomo fa parte.

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