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The_Pilonwolf 18-11-2013 09:06 PM

Stacco Sumo o stacco classico...
 
Mi avete fatto venire voglia di tornare ad allenarmi per il PL, anche se non gareggio, è un metodo di allenamento sano e divertente. La mia difficoltà è lo stacco. In anni, non ho mai raggiunto un peso in questo esercizio che sia decente. L'unico vero PR che ho avuto l'ho avuto con lo stacco sumo. Oltre a questo, la famosa sensazione dei piedi che affondano le pavimento, l'ho avuta solo con lo stacco sumo. Sono alto (1.88 m per 93 Kg) quindi lo stacco sumo mi da un vantaggio. La mia domanda è, a livello di muscoli stimolati qual è la differenza tra stacco tradizionale e stacco sumo? Inoltre, so che col sumo anche temporaneamente, incrementi i pesi temporaneamente perchè viene reclutato il quadricipite. Qualcuno ha un transfer affidabile?

novellino 18-11-2013 09:39 PM

il discorso dei vantaggi sulla carta è corretto.... ma di fatto tutti i record assoluti ( categorie "pesanti" in diverse federazioni) sono fatti col convenzionale... il sumo è molto tecnico... usi meno la schiena e molto le anche , ma con carichi massimali non hai margine d'errore ( col convenzionale puoi sempre schienare :D) il corpetto si sfrutta molto meglio col sumo ( esperienza) discorso a parte meriterebbe il semi sumo , ma anche questo non ti regala nulla a livello di difficoltà tecnica .
Ho provato il sumo... con risultati non eccelsi.... 200 kg raw a fronte di 215 convenzionale sempre raw , ma non disdegno quell'esperienza che cmq ha dato i suoi frutti( allo stato attuale ho 220 puliti di convenzionale , 230 chiusi sporchi , ma senza infilata ergo considero 225 come max per gli allenamenti) , col corpetto prendevo molti kg rispetto al convenzionale .

The_Pilonwolf 18-11-2013 09:54 PM

Non so, di sicuro proverò, perchè m'interessa. Solo non vorrei bloccarmi. Nel convenzionale forse tengo uno stance troppo stretto, ma nell'ultima sessione (adesso faccio RDL) alla partenza faticavo a trovare l'incastro e tenevo troppo alto il sedere. Devo ritrovare il mio stacco, come ho ritrovato il mio squat, ma con lo stacco ho sempre difficoltà...

Grazy V 23-11-2013 01:16 AM

A livello muscolare il sumo è moooolto più glutei e femorali.
Anch'io sono abbastanza alto ed il tradizionale inizialmente mi dava grossi problemi. Ho provato il sumo,decisamente meglio per la schiena,ma di fatto è quasi un altro esercizio,e se non devi gareggiare io vedo il tradizionale più allenante. Il mezzo sumo teoricamente sembra il migliore,ed è quello su cui mi sto concentrando da tempo ormai.Le gambe sono abbastanza vicine da avere una trazione sul piano sagittale come il tradizionale,allo stesso tempo il culo è più vicino al bilanciere e le spalle rimangono alla stessa altezza,di conseguenza schiena più dritta come nel sumo.
Sono dell'idea però che il tradizionale non vada abbandonato in nessun caso,infatti continuo a farlo in aggiunta del mezzo sumo ma con meno enfasi,e faccio solo mezzo stacco partendo da sotto le ginocchia in modo da non partire con la schiena troppo orizzontale…
Allenali tutti e due e col tempo troverai il più adatto a te! ;)

LucaLuca 23-11-2013 01:09 PM

Ciao Pilon.
Riporto uno scritto del mitico Giovanni " Tonymusante" , ti potrà essere Molto utile per iniziare a comprendere:

Alcune volte mi accade in palestra di sentirmi rivolgere questa domanda da coloro che iniziano, magari solo per gioco, ad avvicinarsi allo stacco agonistico: “ ho visto Tizio che stacca in questo modo e Caio staccare in quest’altro; sono validi entrambi? A me come conviene staccare?”
E’ chiaro che una risposta esauriente presupporrebbe del tempo a disposizione superiore a quello che normalmente è in dotazione all’istruttore nella sua attività di routine. Ciò nonostante non si può deludere la lodevole curiosità di un aspirante stacchista o di un atleta in erba.
A colui che non è interessato alle gare sono solito illustrare inizialmente la tecnica convenzionale di stacco perché più appropriata alle esigenze di allenamento generale; tuttavia, quando si approssima una competizione, sia pure di tipo promozionale, cerco di mettere in condizione l’atleta di conoscere entrambi gli stili per poter poi scegliere quello a lui più confacente, almeno ai fini della “pedana”.

Ritengo che la scelta della tecnica di stacco debba essere determinata essenzialmente da tre fattori:
1) tipologia somatica dell’individuo e relative misure corporee;
2) fine ultimo dell’esercizio e motivo per il quale si intende potenziare lo stacco (es. intrapresa dell’attività agonistica nella specialità; potenziamento per altri scopi di alcuni distretti muscolari rispetto al quale la gara è solo un diversivo; allenamento dello stacco propedeutico ad altre discipline sportive e, in tal caso, quali esse siano);
3) gradimento personale del soggetto verso uno stile piuttosto che un altro; cosa che - a lungo andare - vanificherebbe le eventuali indicazioni contrarie emerse dai due punti precedenti, in quanto sarebbe controproducente forzare un atleta ad esprimersi contro le proprie inclinazioni, fossero anche e solo psicologiche, poichè si andrebbero fatalmente ad annullare i presunti vantaggi scaturiti da osservazioni pur valide, oggettivamente e didatticamente, ma in quel caso meramente teoriche e poco rispettose della personalità dell’atleta.

Premesso quanto sopra, passo ad esaminare i menzionati 3 punti singolarmente.
1) ANALISI SOMATICA
Dai dati statistici relativi a numerose competizioni di powerlifting è emerso che il deadlifter per eccellenza, favorito dalla genetica, è quello dotato di braccia lunghe, tronco breve e gambe di lunghezza media, poiché tali caratteristiche nel loro insieme consentono il più favorevole vantaggio di partenza.
Stiamo chiaramente parlando di vantaggi biomeccanici iniziali che potrebbero poi successivamente essere vanificati da altri importanti fattori. E’ evidente, infatti, l’importanza primaria delle qualità muscolari soprattutto nei distretti relativi a trapezio, erettori, paravertebrali e muscoli posteriori della coscia (bicipite femorale).
Una struttura con tronco lungo e braccia corte influisce sull’angolo del tronco nell’atto del sollevamento, poiché impone al tronco stesso di avvicinarsi al parallelo con il suolo mentre cosce e gambe tendono ad assumere angoli vicini ai 90°. Ora, più il tronco è vicino alla posizione parallela con il suolo, maggiore è la distanza che separa il bilanciere dalle anche (che fungono da fulcro del tronco) e di conseguenza aumenta il quoziente di difficoltà dell’alzata, in quanto l’atleta cercherà di incrementare l’attività muscolare di cosce, glutei e schiena per ovviare alla predetta inefficienza meccanica.
Al contrario, un sollevatore con tronco breve e braccia lunghe inizierà il movimento in posizione più verticale forzando meno il quadrato dei lombi.
Quindi - almeno in partenza - i sollevatori con tronco breve, braccia lunghe e gambe di media lunghezza, possono trovare una biomeccanica efficace avvalendosi dello stile convenzionale; al contrario, i sollevatori con braccia e gambe corte ma busto lungo godono di maggior facilità sfruttando la tecnica sumo.

Mentre i sollevatori che utilizzano la tecnica sumo mantengono di norma una posizione più eretta nella fase iniziale di stacco rispetto ai fruitori della tecnica convenzionale e percorrono evidentemente una distanza inferiore dalla partenza alla posizione finale, non vi sono invece differenze particolarmente rilevanti rispetto al manifestarsi del cosiddetto punto critico o “punto morto” tra le due tecniche esecutive.
Un esperimento molto interessante, che concerne l’adattabilità delle due tecniche di stacco alle diverse conformazioni somatiche, è quello condotto - nel suo Centro sportivo in Colorado - dall’allenatore e ricercatore americano Tom De Long nei confronti di alcuni powerlifters di livello intermedio e che lo stesso autore ha diffuso con il temine, forse un po’ ardito, di “somatomeccanica”.
Ve lo riporto, in quanto può costituire una interessante proposta di lavoro su gli atleti nelle fasi iniziali ed ancora incerti sulla tecnica da adottare ma, nel contempo, rappresentare una utile verifica statistica relativamente a coloro che già hanno operato una scelta tecnica ben precisa.

a) il soggetto viene avvicinato alla parete con la schiena contro il muro per prendergli le misure;
b) con un metro viene calcolata la distanza tra l’apice della spalla del soggetto ed il suolo: questa rappresenta la lunghezza totale del corpo (tronco e gambe) senza la testa;
c) si misura poi la distanza tra l’apice della spalla e la mano chiusa a pugno: questa è la lunghezza totale del braccio;
d) facendo alzare la gamba al soggetto, si determina con precisione il punto in cui la coscia extraruota attorno al bacino e si calcola la distanza tra questo punto ed il solito apice della spalla: questa è la lunghezza totale del tronco;
e) Si procede ora alle seguenti operazioni:
lungh. corpo - lung. tronco = lungh. parte inf.re del corpo,
“ tronco : “ braccio= nx,
“ “ : parte inf. corpo = ny,
dove nx = proporzione tronco/braccia (es. tronco = 50cm, braccia = 65cm, da cui 50:65 = 0,77 che vuol dire che il tronco è 0,77 volte la lunghezza del braccio, cioè il braccio è più lungo del tronco del 23% usando valore di riferimento 1);
ny = proporzione tronco/parte infer. (es. tronco = 50cm, parte inferiore = 98cm, da cui 50:98 = 0,51 e stesso discorso di sopra);

se la proporzione tronco/braccia è inferiore a 0,82 e la proporzione tronco/parte inferiore a 0,55, si dovrebbe prendere in considerazione lo stacco convenzionale. Infatti, con le braccia più lunghe del tronco lo stacco termina con il bilanciere al di sotto dell’articolazione delle anche: questa posizione finale vuol dire che la posizione di partenza del tronco è maggiormente in verticale, cioè l’angolo assunto dal tronco è più ampio; ne deriva una maggior attività di quadricipiti, bicipiti femorali e glutei tipica dello stacco convenzionale nonché un angolo più ampio anche all’altezza del ginocchio, con conseguente spostamento più uniforme di spalle ginocchia e delle anche che ruotano in sequenza biomeccanica corretta.
Se, al contrario, le proporzioni risultano superiori, rispettivamente, a 0,82 e 0,55 l’angolo di partenza del tronco è meno ampio, ciò comporta una più evidente inclinazione e, quindi, una posizione meno efficiente dal punto di vista biomeccanico.
Con il tronco più inclinato, l’azione dei muscoli preposti all’estensione del busto e delle anche si traduce in uno schema meno efficace, che richiederà un coinvolgimento ancora maggiore di bicipiti femorali e glutei rispetto ai quadricipiti nonché un onere più elevato per gli erettori ed i lombari con il rischio dell’incurvatura della parte alta della schiena. Una soluzione, in tal caso, potrebbe essere rappresentata dal sumo.

2) IL FINE DELL’ESERCIZIO

Non sempre e non necessariamente l’atleta o aspirante tale intende cimentarsi nel powerlifting o diventare un agonista specialista nel deadlift.
In questo caso, la risposta alla domanda “complementare o sumo ?” cambia i suoi connotati, dal momento che la peculiarità da verificare non è più quale tecnica consenta al soggetto i maggiori vantaggi in pedana, bensì quale tipologia di stacco – premesso che ovviamente tale esercizio sia importante ai fini della preparazione dell’atleta in questione – sia più utile al potenziamento dei distretti muscolari che interessano l’atleta ed agli obiettivi che lo stesso si pone per il transfert nella sua attività specifica.
In virtù della notevole componente di forza sviluppata, lo stacco svolge comunque un ruolo importante nello sviluppo e potenziamento atletico di molte discipline che richiedano l’impiego dei muscoli della schiena, fianchi, cosce e gambe ma non necessariamente implica l’adozione di una tecnica particolare di esecuzione.
Per esempio, nel caso di sprinter o saltatori, cui interessa potenziare particolarmente alcuni muscoli quali semitendinoso, semimembranoso e bicipite femorale, può essere opportuno adottare alcune varianti dello stacco come lo stacco alla rumena, ovviamente dosando sapientemente i carichi per non incorrere in un eccessivo sforzo lombare causato dal mancato appoggio del bilanciere al suolo tra le ripetizioni.
Molto spesso l’obiettivo principale è il potenziamento di un determinato distretto muscolare, vuoi perché è quello principalmente implicato nell’attività sportiva che il soggetto svolge, vuoi per necessità diverse che hanno spinto l’individuo a rafforzare quella zona (recupero da un infortunio, correzione di paramorfismi o problemi ad essi collegati e scaturiti successivamente, ecc.).
Anche in questo caso, prima di orientare la scelta verso uno stile od un altro di stacco da terra, dobbiamo sincerarci della effettiva rispondenza della tecnica in esame con il fine da raggiungere.
Attraverso l’esame elettromiografico, ad esempio, si è potuto accertare che gli erettori spinali sono di gran lunga più sollecitati durante l’esecuzione con la tecnica convenzionale di stacco piuttosto che con quella sumo, probabilmente a causa del minor range di movimento delle anche in quest’ultimo caso.
Di conseguenza a coloro che interessa potenziare questa zona, sarà opportuno che adottino la tecnica convenzionale e svolgano altresì una minor mole di lavoro di isolamento sui muscoli erettori già ampiamente sollecitati da questo stile di alzata; viceversa, agli esecutori del sumo converrà svolgere un apposito lavoro di rafforzamento parziale per detti muscoli – anche svolgendo occasionalmente tirate in stile convenzionale – per rafforzare adeguatamente un distretto muscolare fondamentale per la corretta postura di tutto il dorso.

Altro utilizzo possibile dell’esercizio consiste nel considerare lo stacco un mezzo di potenziamento speciale per lo squat, cosa che d’altra parte appare reciproca.
Pertanto, se la morfologia del soggetto è caratterizzata da busto lungo e arti più corti, la tendenza sarà verosimilmente quella di assumere una posizione con stance di gambe molto largo e dorso quasi verticale. In quest’ottica, si utilizzerà favorevolmente lo stile sumo per il più economico leveraggio anche come esercitazione speciale per allenare il sitting back nello squat.

Grazie al fatto che lo stacco da terra è considerato a catena cinetica chiusa - cioè un esercizio nel corso del quale i piedi sono stabili su una pedana o un pavimento e, pertanto, con limiti di tipo spaziale – può essere vantaggiosamente utilizzato nei protocolli di riabilitazione del ginocchio dagli infortuni ai legamenti, sfruttando principalmente il bicipite femorale e, in genere, i muscoli della zona posteriore della coscia come stabilizzatori.

3) ATTITUDINE DELL’ATLETA

Ho lasciato per ultimo la disamina di questo fattore soltanto perché è, comprensibilmente, il meno scientifico ma, non per questo, di importanza inferiore.
Qualunque classificazione o categoria perderebbe di valore di fronte all’evidente intenzione del soggetto di preferire una posizione, una tecnica, un’esecuzione piuttosto di un’altra.
Il tecnico o l’osservatore esperto esterno può, qualora ne ravvisi la necessità, spiegare all’atleta i motivi che lo hanno indotto a pensare che una determinata tipologia esecutiva sia - per lui - più funzionale, economica, efficace di un’altra; oppure può presentargli entrambe le tecniche descrivendone pregi e difetti ed esortandolo ad esercitarsi in entrambe per un potenziamento più esteso, una maggior completezza delle proprie capacità atletiche, un’aumentata opportunità di variare il lavoro ed una possibilità di scelta oculata a fronte di una conoscenza più approfondita.
In sintesi, tuttavia, il miglior trainer o spotter dell’atleta deve verosimilmente lasciare il medesimo libero di scegliere quanto è di suo gradimento e di esprimere in tal modo la propria personalità atletica nell’esercizio, dando ovviamente per scontato che si tratti di individualità con sufficiente età anagrafica e maturità di allenamento per poter affrontare una scelta del genere.
Del resto, credo che anche psicologicamente si possano ottenere maggiori vantaggi assecondando in un primo tempo delle inclinazioni già radicate, lavorando piuttosto alla correzione di altri ulteriori difetti ed attendendo momenti successivi e più idonei per indurre l’atleta a riflessioni spontanee, conseguenti alle vicissitudini agonistiche che via via si dovessero presentare.




Sperando di aver fatto cosa gradita anche ad altri.


Ciao, Luca.

Grazy V 23-11-2013 07:41 PM

Quote:

Originariamente inviato da LucaLuca (Scrivi 430108)
se la proporzione tronco/braccia è inferiore a 0,82 e la proporzione tronco/parte inferiore a 0,55, si dovrebbe prendere in considerazione lo stacco convenzionale.
Se, al contrario, le proporzioni risultano superiori, rispettivamente, a 0,82 e 0,55 l’angolo di partenza del tronco è meno ampio, ciò comporta una più evidente inclinazione e, quindi, una posizione meno efficiente dal punto di vista biomeccanico.
Una soluzione, in tal caso, potrebbe essere rappresentata dal sumo.

Non so come abbia stabilito questi limiti minimi e massimi,ma come pensavo io ho si le braccia lunghe,ma anche il tronco lo è.
I miei risultati sono infatti:
-tronco/braccia 77
-tronco/gambe 0,58

Di fatto non mi trovo particolarmente bene con nessuno dei due,e lo stacco è la mia alzata peggiore!

simili23 24-11-2013 08:23 AM

Ciao ,

lascia stare il sumo se ti alleni da solo , o hai delle leve estremamente favorevoli oppure quello che ne viene fuori è una schifezza a gambe larghe .
E' un'alzata estremamente tecnica e da soli è quasi impossibile imparare .

Marco788 24-11-2013 10:44 PM

Quote:

Originariamente inviato da simili23 (Scrivi 430123)
Ciao ,

lascia stare il sumo se ti alleni da solo , o hai delle leve estremamente favorevoli oppure quello che ne viene fuori è una schifezza a gambe larghe .
E' un'alzata estremamente tecnica e da soli è quasi impossibile imparare .

Secondo voi è più difficile fare un bel sumo oppure un bello squat?

simili23 25-11-2013 12:02 AM

Quote:

Originariamente inviato da Marco788 (Scrivi 430166)
Secondo voi è più difficile fare un bel sumo oppure un bello squat?

Come sempre dipende dalla fisionomia di una persona .
Son due movimenti completamente diversi è come confrontare il lancio del baseball rispetto a un servizio di tennis .

Marco788 25-11-2013 10:23 AM

Quote:

Originariamente inviato da simili23 (Scrivi 430169)
Come sempre dipende dalla fisionomia di una persona .
Son due movimenti completamente diversi è come confrontare il lancio del baseball rispetto a un servizio di tennis .

Te l'avevo chiesto perchè in genere si parla dello squat come della più difficile e più tecnica delle tre alzate (non che nelle altre non serva tecnica eh...)

The_Pilonwolf 25-11-2013 04:55 PM

Andando un attimino OT, io delle tre alzate trovo difficile la panca, lo stacco, ma non lo squat. Per quanto riguarda lo stacco, ora riprendo bene il convenzionale, poi valuterò cosa fare. Può anche essere una momentanea difficoltà tecnica, o muscolare. Quello che volevo sapere era appunto questo, se fosse possibile passare al sumo dallo stacco convenzionale e tutti mi avete risposto di no.

simili23 25-11-2013 06:32 PM

Quote:

Originariamente inviato da The_Pilonwolf (Scrivi 430234)
Andando un attimino OT, io delle tre alzate trovo difficile la panca, lo stacco, ma non lo squat. Per quanto riguarda lo stacco, ora riprendo bene il convenzionale, poi valuterò cosa fare. Può anche essere una momentanea difficoltà tecnica, o muscolare. Quello che volevo sapere era appunto questo, se fosse possibile passare al sumo dallo stacco convenzionale e tutti mi avete risposto di no.

La panca è sicuramente quella con più difficoltà e insidie tecniche , diciamo che è dove si notano meno gli errore e dove tutti credono di essere dei maestri :D .

Per lo stacco se hai qualcuno con un occhio quantomeno critico a fianco si può fare , però devi aver bene in testa la differenza tra stacco sumo e stacco a gambe aperte .

doom64 09-12-2013 12:30 AM

Provo a dire la mia opinione che mi sono fatto sui 3 lift.

In ordine di difficoltà tenendo conto che ognuno abbia la stessa mobilità articolare metterei il sumo al primo posto,a seguire lo squat e poi la panca.In ultimo il regular xche ti permette di usare piu compensi.

Io dal canto mio ho odiato il regular da sempre e poi passando al sumo ( o mezzo sumo x quello che stavo facendo all'epoca)ho trovato il paradiso inzialmente,salvo poi scoprire che anche li nn avevo la percezione della schiena che tendevo a perdere.
Infatti ritrovata questa,ho riprovato il regular ed ho avuto sensazioni diverse..

A volte piu che un problema di leve è un problema di mancata percezione della schiena..

The_Pilonwolf 13-12-2013 12:04 PM

Quote:

Originariamente inviato da doom64 (Scrivi 431158)
Provo a dire la mia opinione che mi sono fatto sui 3 lift.

In ordine di difficoltà tenendo conto che ognuno abbia la stessa mobilità articolare metterei il sumo al primo posto,a seguire lo squat e poi la panca.In ultimo il regular xche ti permette di usare piu compensi.

Io dal canto mio ho odiato il regular da sempre e poi passando al sumo ( o mezzo sumo x quello che stavo facendo all'epoca)ho trovato il paradiso inzialmente,salvo poi scoprire che anche li nn avevo la percezione della schiena che tendevo a perdere.
Infatti ritrovata questa,ho riprovato il regular ed ho avuto sensazioni diverse..

A volte piu che un problema di leve è un problema di mancata percezione della schiena..

Sto provando e mi sa che hai ragione da vendere...ultimamente ho trovato un setup decente (ho modificato anche la presa sul bilanciere) e le sensazioni sono cambiate enormemente. Il problema attuale sembra essere proprio la schiena, che manca nella partefinale dell'alzata. L'incastro c'è, passo 5 minuti del riscaldamento a continuare a provare il setup prima di cominciare. Con tutte le risorse che sto leggendo e che ho letto (e riletto) sullo stacco, ho completamente rivoluzionato la mia visione dello stacco.


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