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Predefinito La sindrome NIH - 13-06-2007, 01:11 AM

La sindrome NIH


GLi anglosassoni adorano appioppare sigle e acronimi ad ogni attività che fanno. I loro acronimi, però, a differenza dei nostri che sono pomposissimi, denotano un aspetto pratico se non scherzoso. Tanto per fare un esempio, ad un convegno di astrofisica (ho letto il fatto e mi ha colpito, di certo non ero invitato se non come puliscicessi) la discussione verteva sugli effetti della gravità nelle vicinanze di un buco nero. La gravità è così forte che una persona avrebbe i piedi più attratti verso il centro del buco nero rispetto alla testa, con un effetto di allungamento devastante. Come chiamare questo effetto? Da noi si sarebbero sprecate frasi come Effetto Marea, Forze Gravitazionali Estreme, che so… anche sigle tipo FGM… il termine scelto, invece, fu “spaghettification”…

La sindrome NIH è qualcosa che tutti noi subiamo prima o poi. La causiamo agli altri ma anche ce la becchiamo, e più spesso di quanto si pensi… NIH sta per “Not Invented Here”, “non è stato inventato qui”. Ovvio, non è una malattia, ma uno di quei giochini che fanno gli americani per descrivere i comportamenti delle persone. Trovai il termine su Byte, anni fà, e mi colpì perchè rende a pieno il concetto che c’è dietro.

In pratica, immaginate questa situazione: siete al lavoro, vi ritenete competenti in quello che state facendo (come tutti, anche io sono il massimo esperto di quello che faccio…). Arriva una novità che altera il vostro modo di lavorare. Non importa se nel bene o nel male, però c’è una variazione dello status quo. Mai pensato “ma chi c(beep) è questo qui, ma cosa è questa c(beep) di roba? Mi vogliono insegnare a lavorare? E’ una vita che si fà così e và sempre bene, che c(beep) significa tutto questo?”. Cioè: la novità “non è stata inventata qui”, perciò per definizione non può funzionare. Perchè “noi sappiamo come si fanno le cose, noi che siamo sul pezzo e che ci facciamo il mazzo, noi che… ” bla bla bla. Sindrome NIH, purissima.

Afferrato il concetto? In ogni frangente che fate discorsi del genere, in ogni contesto, in ogni momento, siete sotto i terrificanti effetti della sindrome NIH. Ma che c’entra con i pesi? Scommetto che ve la state ridendo sotto i baffi perchè avete capito… Contestualizziamo al nostro ambiente.

Mai capitato che siete nella nuova palestra e fate stacco e vi guardano malissimo, poi si avvicina uno e vi dice che vi farete male alla schiena? E poi vi dice che è meglio la pressa o il rematore o lo squat al multipower o un qualunque esercizio che non sia lo stacco? Sindrome NIH.

Mai capitato di postare su un forum un link ad uno studio interessante su un nuovo protocollo di allenamento e leggere risposte del tipo “è una vita che ci si allena spaccandoci il culo e senza cose scientifiche” oppure “il bodybuilding non può essere scientifico”? Sindrome NIH.

Mai capitato di dire a uno “sei forte ma però se ti allenassi meglio otterresti 20Kg in più nella panca” e vedere la sua faccia inebetita perchè non sa se fracassarvi un bilanciere in testa o se rispondervi? Del resto è il più forte della palestra. Sindrome NIH.

In altre parole, sarete proprio voi che insegnerete a questi tizi come ci si deve allenare? Ma dài… loro lo sanno già, si allenano, ottengono, poi arrivate voi e gli scombussolate le carte con le vostre novità. Nemmeno foste Coleman…

Ok, se vi chiedessi un esempio di situazioni simili probabilmente riceverei centinaia di migliaia di e-mail… ah come è difficile parlare a chi non vuole capire… Bene, facciamo il giochino di rovesciare la situazione. Quante volte VOI vi siete ritrovati ad essere dall’altra parte? Io dico molte volte, e sicuramente più di quanto pensiate. Voi come del resto io.

Facendo un po’ di psicoanalisi da bar, voi avete avuto un rapporto conflittuale con vostro padre che era troppo duro mentre vostra madre era permissiva. Per questo ricercate una figura materna e non dormite la notte, poi un bel giorno entrerete in un supermercato e tirerete a tutti quelli che passano con il vostro fucile a pompa, ma tanto non sarà colpa vostra ma della Società che vi ha armato….. Oddio… questo è troppo da bar…

Scusate, mi scappano queste cosette…

Il giochetto della Sindrome NIH nasconde dietro la paura al cambiamento. Il “nuovo” spaventa sempre, qualunque “nuovo” sia. Il “vecchio” dà invece certezze. I bambini piccoli ripetono incessantemente le stesse cose, vogliono che gli si dica sempre la stessa favola, vedono sempre lo stesso cartone animato. Li rassicura, perchè sono eventi prevedibili. Provate a raccontare la stessa storia con particolari diversi, vi correggeranno perchè la conoscono. Semplicemente, vogliono che gliela raccontiate sempre uguale.

Così “i grandi”, sono tranquillizzati dalle abitudini, dal perpetrare sempre gli stessi gesti. In palestra è la stessa cosa. L’eseguire una routine che fanno tutti, che hanno fatto i grandi campioni implica che funzionerà su di me. Ottengo risultati, non mi pongo il problema che potrei migliorare cambiando qualcosa, perchè il fatto che ho ottenuto crea delle certezze.

Per questo quando il sistema viene perturbato da nuove informazioni (un nuovo cliente della palestra, una lettura, un sito web con nuovi dati), il sistema stesso reagisce con il rifiuto. Perchè il nuovo mette in discussione le vecchie certezze. Il rifiuto è appunto la reazione tipica. Di solito si cerca di vedere gli aspetti negativi della novità e mai gli aspetti positivi.

Torniamo all’esempio dello stacco. Il nuovo iscritto che và in palestra, se insiste a fare stacco, sarà soggetto ad un vero e proprio mobbing (chiaro, mica da parte di tutti, ma basta una persona che di solito è quello grosso o quello forte o l’istruttore). “Ti farai male alla schiena”, oppure commenti non rischiesti, minimizzazione dei risultati, “sì è forte ma…”. Se il tizio si fà male (magari non per lo stacco ma perchè ha sollevato 50 sacchi di cemento), la reazione sarà “visto, che vi dicevo?”. Cioè la conferma delle negatività, con conseguente implicita giustificazione del rifiuto del nuovo.

Ripeto, tutti noi subiamo questo effetto, ed è un vero atto di volontà cercare di sgombrare la mente per cercare di assimilare i nuovi concetti. Personalmente faccio molti sforzi. La mia tattica è disimparare quello che so. Non dare giudizi, ascoltare ed eseguire senza capire. Inutile stare a dire “si ma…”.

Poichè la reazione è umana, ne và tenuta di conto quando NOI vogliamo che quello che pensiamo sia accettato dagli altri. Non si può pretendere che gli altri ci vengano dietro alla prima, per quanto possiamo avere ragione (o pensare di averla).

Faccio un esempio tipico. La palestra è un mondo conservatore, retrogrado, reazionario e barbaro. Nel 90% dei casi ci si allena in un certo modo perchè “così è”. Semplifico, non tiratemi fuori che si fà così perchè funziona… basta dire “ma perchè 3×8 o 4×6 e non 7×9 o 11×5″, cioè ci sono numeri quali il 7, il 9 o l’11 che non sono mai considerati… sempre 6-8-10-12…

Vi siete mai chiesti perchè le discussioni si infiammano quando si parla di BII, Mike Mentzer o Stuart McRobert? (chi non conosce queste cose faccia una ricerchina con Google). Semplicemente perchè sono una rottura con il passato: in palestra ci si allena 3, 4, 5 volte a settimana, questi metodi propongono 1, 2 volte a settimana.

Ancora, tutto il discorso “cedimento sì”, “cedimento no”: in palestra ci si allena da eroi, con sangue e sudore. Ogni ripetizione è una sfida mortale. Proporre che ci si debba fermare prima di morire, cioè evitare il cedimento concentrico è una sfida ai dogmi imperversanti.

Tra l’altro, tanto per dire quanto le cose siano più complicate del previsto, i sistemi BII sono osteggiati per la ridotta frequenza di allenamento, ma a loro volta utilizzano sistematicamente il cedimento e bollano come “eresie” il non allenarsi a cedimento…

Poichè la sindrome NIH è una reazione alla paura del cambiamento, è onere di chi lo propone farsi anche carico di prodigarsi affinchè questi cambiamenti abbiano luogo. Non si può sperare che le novità vengano “digerite” alla prima, per quanto possano essere giuste (solitamente NOI pensiamo che lo siano, ma… è poi così?).

La paura porta all’intolleranza, Di solito, però, chi propone delle novità poi è il primo ad essere intollerante verso le resistenze e le inerzie. Anzi, a sua volta assume un atteggiamento di chiusura mentale che impedisce di comprendere sia le esigenze dell’”altro”, sia le critiche che gli vengono fatte. E magari le critiche sono anche giuste… Solitamente si parla di complotto, di lobby, di “ce l’hanno con me”, “ho toccato gli interessi”. Ma… secondo voi c’è una lobby che impedisce di fare lo stacco da terra in palestra ma che preferisce l’uso delle macchine in modo che i proprietari debbano comprarle e far salire i prezzi degli abbonamenti? Ma dài…

Comprese le dinamiche della “paura del nuovo”, chi propone una innovazione dovrebbe anche capire quale sia la forma giusta perchè il suo messaggio passi al “grande pubblico”. Non sopporto infatti che una buona teoria (la sostanza) con una pessima divulgazione (la forma) non colga i suoi frutti.

Altro esempio. Il messianico Stuart McRobert ha pubblicato gratuitamente un librettino che ha circa questo titolo/contenuto: “vi spiego io perchè la maggior parte delle schede del bodybuilding non funzionano”. In pratica dice che il bodybuilding è egemonizzato dagli utilizzatori di farmaci, dalle ditte di integratori, da chi vuol far si che si debba spendere per allenarsi. E perciò le schede non vanno bene per l’uomo normale, per chi ha famiglia, per… bla bla bla

Quale peggior modo di diffondere il proprio pensiero? Immaginate il destinatario di questo libretto. La totalità del pianeta si allena con una delle “schede da bodybuilding”, no? Ciò significa che io che mi alleno con una di queste schede che non funzionano e che leggo questo librettino sono o un dopato, o un campione che vuole indurre in tentazione, o uno che ha interessi, o più semplicemente un coglione che si fà prendere per il naso allenandosi nel peggiore dei modi. Io che mi alleno e magari ottengo risultati sono marchiato a fuoco come coglione. Pensate che mi faccia piacere leggere una cosa del genere?

Ecco… un pessimo modo di presentarsi: pretendere che gli altri apprezzino istantaneamente il mio punto di vista. Infatti Stuart ha più detrattori che sostenitori. I sostenitori si appellano al “meglio pochi ma buoni”, ma in realtà questo è un puro fallimento, perchè un buon metodo che funzionerebbe su una vasta platea si perde per un messaggio antipatico.

Se veramente si vuole che altre persone apprezzino il nostro punto di vista, le nostre novità, non c’è altro mezzo che armarsi di santa pazienza, spiegare, rispiegare, ripetere all’ossessione le proprie teorie. Sostenere discussioni con tutti, essere cortesi ma fermi, portare esempi, chiedere spiegazioni del perchè una certa cosa non funziona o non dovrebbe funzionare. Difficile, ma è così.

Ad esempio, le volte che io alleno qualcuno o consiglio una scheda, lo scopo primario è introdurre uno o due cambiamenti nelle routine preesistenti. E di ottenere un risultato in un tempo sufficientemente breve da poter catturare l’attenzione della persona.

Per questo io propongo schede che durano al massimo 3 settimane, con 1 o 2 esercizi differenti, poi il resto è tutto uguale a prima. Che so, il classico 5×4, 6×3, 8×2. In questo modo la persona riesce a caricare più Kg in un tempo ragionevolmente breve e vede subito dei miglioramenti. La volta successiva mi starà a sentire più volentieri. Se sbudellassi la sua scheda dall’inizio, non si troverebbe a suo agio senza le sue certezze.

Ancora, un cambiamento minimale che propongo a chi mi chiede come superare uno stallo è passare da un attuale 8-6-4 ad un più razionale 4-6-8. In questo modo la persona impara a concentrarsi dall’inizio sulla serie difficile e a caricare di più, mantenendo comunque una continuità con il passato. Chiaramente lo schema 4-6-8 è poco performante rispetto ad altri schemi, però è un passaggio quasi obbligato. Pensare se di colpo passasse a, che so… 6×3 senza cedimento concentrico. Rimarrebbe troppo spiazzato, la volta che non è soddisfatto ritornerà alle vecchie abitudini.

E questo è solo l’inizio. Non si può pretendere di esaurire le novità in una sola seduta o spiegazione, ma le persone vanno seguite e guidate. Altrimenti alla minima difficoltà sfrutteranno questa come una conferma delle loro perplessità. E torneranno alle sane e vecchie abitudini, consolidate, conosciute e che non li hanno mai delusi…

Sembra incredibile ma… che ho scritto se non un insieme di vere banalità? Psicologia da spiaggia, di quella che si legge nei test “tradiresti la tua compagna?”. Però, ancora più incredibile, queste banalità vengono spiegate nei corsi di fidelizzazione del cliente, in quelli di leadership capo-collaboratore (giuro, è così, li ho fatti…), quei corsi dove vi insegnano a ricordare i nomi di quelli che allenate perchè questo fà capire ai vostri clienti che pensate a loro… perciò, per quanto siano banalità, sono banalità gratis. Fateci una pensata.
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